Ucraina, il patriarca di Mosca contro l'Occidente: "Diffonde la russofobia"

Kirill, a capo della Chiesa ortodossa russa, evita ancora di pronunciarsi per la pace. Ignorati gli appelli della Sante Sede. Dal territorio martoriato dalle bombe, il vescovo di Odessa incalza il Papa: "Incontri il patriarca, le parole non bastano più"

Il 75enne Kirill, patriarca di Mosca

Il 75enne Kirill, patriarca di Mosca

Mosca, 11 marzo 2022 - Il patriarca di Mosca non sente ragione. Putin non allenta la presa sull’Ucraina e lui, nonostante il pressing del Vaticano, esita ancora a promuovere la pace tra Kiev, che guarda all’Occidente, e la Russia precipitata nell’ideologia zarista. Anzi, dopo avere ’giustificato’ l’invasione del Cremlino, come "lotta metafisica' ai valori omosessuali che Europa e Stati Uniti cercherebbero di esportare anche nel tormentato Dombass, l’alto prelato ortodosso rincara la dose. “La russofobia si sta diffondendo nel mondo occidentale a un ritmo senza precedenti”, scrive Kirill in una lettera al Consiglio mondiale delle Chiese, l'organismo ecumenico di cui la Chiesa ortodossa russa fa parte. 

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Nei giorni scorsi il segretario generale ad interim dell’istituzione cristiana – nel quale la Chiesa cattolica è assente –, Iaon Souca, aveva inviato un appello al patriarca, perché alzasse anche lui la sua voce per invocare la fine del conflitto. La risposta è arrivata, ma non muove nella direzione auspicata. “Questo conflitto non è iniziato oggi – esordisce  Kirill nella lettera riportata dal Sir, l’agenzia stampa dell’episcopato italiano -.  Sono fermamente convinto che i suoi iniziatori non siano i popoli di Russia e Ucraina, che provengono dalla fonte battesimale di Kiev, sono uniti in una fede comune, hanno stessi santi e preghiere e condividono un unico storico destino. Le origini del confronto risiedono nei rapporti tra Occidente e Russia”. Di ramoscelli d'ulivo nessuna traccia, dunque. 

All’indomani delle prime esternazioni del patriarca, quelle di segno anti-Gay Pride, era stata la stessa Santa Sede a prendere le distanze da Kirill. Per bocca del primo collaboratore di papa Francesco, il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin: "Le parole di Kirill non favoriscono e non promuovono un’intesa, anzi rischiano di accendere ancora di più gli animi e di andare verso una escalation“. A chiedere un cambio di passo verso la pace sono anche i vescovi dell’Unione europea. Con un accorato appello, il loro presidente, il cardinale Jean-Claude Hollerich, assai vicino al Pontefice, ”implora“ Kirill in spirito di fraternità ecumenica: “Per favore, rivolga un urgente appello alle autorità russe, affinché fermino immediatamente le ostilità contro il popolo ucraino“. 

Col passare dei giorni contrassegnati dalle bombe si fa sempre più pressante un interrogativo: potrebbe un incontro straordinario fra Kirill e il Papa smuovere le acque? La Santa Sede ha inviato due cardinali in Ucraina, ufficialmente in missione umanitaria, non vuole spezzare il dialogo aperto col patriarcato che ha prodotto nel 2016 lo storico incontro fra le due autorità religiose nel 2018, a Cuba. La prudenza induce a scongiurare possibili passi falsi, visti anche gli ultimi pronunciamenti (bellicosi) del leader ortodosso.

Tuttavia, proprio dal territorio martoriato dalla guerra arriva la prima richiesta formale. Se ne fa carico il vescovo di Odessa, senza badare troppo alla forma e con piglio febbrile, più che comprensibile a fronte dell'evolversi delle ostilità che vedono Mosca sempre più a ridosso della città  portuale sul Mar Nero. Papa Francesco “dovrebbe incontrare Kirill – lo incalza monsignor Stanislav Shyrokoradiuk –, perché non lo ha ancora fatto? Perché non ha ancora parlato con Kirili? Questa è una mia grande domanda alla quale non trovo risposta. Vanno bene gli appelli, ma occorre lavorare per fermare le bombe’’.