"Ucraina-Russia, i veri negoziati devono iniziare. Israele unico mediatore credibile"

L’ambasciatore Nelli Feroci: l’incontro Lavrov-Kuleba? Sarà un buon primo passo. "Putin costretto alla via d’uscita diplomatica"

Alcuni militari ucraini si preparano a un’esercitazione a Kiev

Alcuni militari ucraini si preparano a un’esercitazione a Kiev

Finora, in Ucraina, a parlare sono state soprattutto le armi. I tentativi di mediazione tra l’aggressore – la Russia di Putin – e l’aggredito – la Kiev che guarda a Occidente – sono serviti a poco. Oggi il confronto riparte in territorio neutro, al Forum diplomatico di Antalya, in Turchia. "Ma tecnicamente non sarà un negoziato – avverte l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, classe 1946, diplomatico di lungo corso, già commissario Ue nel 2014 –. Piuttosto sarà un contatto preliminare tra le parti, più importante dei precedenti perché vede come protagonisti i due ministri degli Esteri, il russo Lavrov e l’ucraino Kuleba".

Ambasciatore, a che cosa potranno portare i prossimi incontri diplomatici?

"Non mi aspetto risultati spettacolari ad Antalya, sarebbe già un segnale positivo se le parti in causa cominciassero a definire le rispettive red lines , i margini su cui trattare e le direzioni di marcia verso cui muoversi".

Il presidente turco Erdogan vuole accreditarsi come possibile mediatore?

"In realtà il forum di Antalya è un’occasione di incontro che viene organizzata ogni anno da tempo. Sulla carta la Turchia potrebbe avere interesse a facilitare il dialogo fra russi e ucraini. Ma non ho elementi per dire se Erdogan possa effettivamente agire come mediatore. E in effetti a ben vedere non ne ha le credenziali. La Turchia è membro Nato, anche se porta avanti una sua politica estera autonoma, e con la Russia i rapporti sono tesi a causa delle rispettive posizioni nelle crisi in Siria e in Libia".

Dunque che cosa ci si può aspettare realisticamente?

"Il primo passaggio fondamentale è un vero cessate il fuoco, non solo per attuare corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili, ma anche come presupposto minimo per avviare un vero dialogo".

Quanto tempo ci vorrà?

"Difficile dirlo. Ma osservo alcuni fattori che dovrebbero spingere anche Putin a cercare una via d’uscita politico-diplomatica".

Quali fattori?

"Innanzitutto la Russia non aveva messo in conto la resistenza ucraina, e una ostilità così diffusa e radicata da parte della popolazione vittima dell’aggressione. E poi le sanzioni rapide e compatte dell’Occidente, insieme al crescente isolamento diplomatico di Mosca, abbandonata anche dalle grandi aziende estere. Insomma, una soluzione politica andrà cercata spero il prima possibile. Russia e Ucraina dovranno trovare un minimo comune denominatore".

Ma su quali richieste si potrà trovare un punto d’incontro? La Russia vuole il riconoscimento della Crimea e del Donbass, dal presidente Zelensky sono arrivate solo generiche aperture al confronto.

"Non sta a me dirlo, ma vedo sviluppi possibili. Da parte ucraina c’è qualche apertura sulla neutralità. Kiev nella Nato non è un’ipotesi realistica né praticabile, ma dovrà essere Zelensky ad assumere questa posizione, non può imporla l’Occidente".

E il tema dell’adesione all’Ue?

"A Putin interessa solo che l’Ucraina non diventi membro Nato. E d’altra parte il tema dell’adesione alla Ue non è maturo: nella migliore delle ipotesi ci vorrebbero più di dieci anni. Alcuni Paesi dei Balcani occidentali aspettano addirittura dal 2003. Nel frattempo si può ipotizzare un rafforzamento dell’accordo di associazione".

A proposito di Ue, in campo sono scesi il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz. È mancata una voce unica? Qualcuno ha proposto di coinvolgere l’ex cancelliera Merkel.

"Lascerei perdere la Merkel, perché rappresenterebbe la Ue che si è schierata con chiarezza sulle responsabilità del conflitto. Più in generale e rispetto alla Ue, io tendo a vedere il bicchiere mezzo pieno (più che mezzo vuoto): la Ue ha reagito in maniera compatta, solidale e rapida. Abbiamo concordato sul fatto che quella russa è un’aggressione da condannare ”senza se e senza ma“, abbiamo varato sanzioni pesanti, con effetti pesanti (anche su di noi). Detto questo, credo che non possa spettare alla Ue il compito di svolgere una mediazione proprio perché chiaramente schierata".

E quindi a chi toccherà? Forse alla Cina?

"Non ha tradizione in questo senso. Ma ha tutto l’interesse a ristabilire condizioni di pace, le serve stabilità per continuare a crescere economicamente. Certo, la Cina non ha fatto mistero di considerare l’alleanza con la Russia solida come una roccia. Ho qualche dubbio che la Cina che voglia assumersi questa responsabilità".

In questi giorni si è mosso molto anche Israele.

"Sicuramente ha più carte da giocare rispetto alla Cina, perché è un Paese con una diplomazia più adatta di quella cinese. Ma non credo che il problema sia quello di trovare un mediatore. Sulla carta ce ne sarebbero molti. Il problema è quello di individuare un terreno comune tra posizioni ancora molto distanti".

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