Martedì 23 Aprile 2024

Ucraina, mani legate anche per i Caschi blu. E la Nato può solo mostrare i muscoli

Iacovino (Cesi): "Mosca metterebbe il veto all’Onu". Per ora l’Alleanza atlantica rafforza i suoi confini a Est

Truppe ausiliarie ucraine trasportano un ferito

Truppe ausiliarie ucraine trasportano un ferito

Nulla è come sembra e nulla sarà mai più come prima. Nella nebbia dell’inferno ucraino scatenato dall’aspirante zar Vladimir Putin, gli Stati Uniti e l’Europa mentre si interrogano su dove vuole arrivare la Russia e su come sarà il dopo, sono costretti quasi a navigare a vista.

Ucraina Russia news, colloquio Biden-Zelensky. Mariupol vuole evacuare civili

"Non pensavamo più alla guerra. L’Occidente rimetta in moto la Storia"

La Nato? Mostra i muscoli nella palestra dei Paesi baltici, ma non può andare oltre. L’Europa stringe le maglie delle sanzioni, unica arma che ha disposizione, per ottenere risultati a medio termine. E c’è l’Onu, quasi missing in action , disperso in azione. Sì, c’è con i suoi palazzi di vetro, le dichiarazioni, ma si vede poco e può fare poco. Lo invoca il premier britannico Boris Johnson insieme all’Aiea, l’agenzia dell’atomo, dopo la grande paura dell’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia ora in mani russe. Il capellone Boris vorrebbe i caschi blu, ma in pieno conflitto è una mossa che l’Onu, già poco incisivo, difficilmente può fare.

"Per inviare un contingente di caschi blu – spiega Gabriele Iacovino, direttore del Cesi, Centro studi internazionali – serve l’ok dei cinque membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di cui fa parte anche la Russia, che può porre il veto". Quindi un niet sicuro. "Ovvio per ora, perché Putin ha scatenato l’offensiva con obiettivi precisi. Prima li raggiunge e poi tratta". Onu, dunque, poco utile. "È comunque un forum permanente di dialogo – dice ancora Iacovino – che può sempre servire, anche se non c’è da aspettarsi una svolta". Del resto, nel Palazzo di vetro non esiste nemmeno più in modo stabile il dipartimento di peacekeeping . E tutti si chiedono quali sono gli obiettivi dell’aspirante zar. Ancora il direttore del Cesi. "La situazione sul campo è di difficile lettura, probabilmente Putin vuole prendersi in modo stabile il Donbass, la Crimea, Odessa o fare dell’Ucraina una nuova Bielorussia. E non vorrei che, dopo aver fatto uscire i civili con i corridoi umanitari, radesse al suolo alcune città come in Cecenia e in Siria".

Il mondo ha paura, ma l’Europa, vicina di casa dell’Ucraina, trema per i combattimenti intorno alle centrali nucleari per la cui protezione l’Aiea ha invocato l’Onu. "Nessuno, né l’Occidente né i russi, ha intenzione di danneggiare le centrali col rischio di incidenti dagli pericolosissimi", dice Gianandrea Gaiani, direttore del giornale web specializzato AnalisiDifesa . "I russi vogliono prendere le centrali nucleari e idroelettriche per controllare il Paese. Sono uno strumento di potere". E conclude: "Gli Stati Ue che vogliono fornire armi sbagliano. Così si schierano e si precludono la possibilità di essere mediatori credibili per porre fine al conflitto". Mentre l’Onu aggiorna il pallottoliere delle vittime, la diplomazia è in mano ai singoli Stati.

Ieri il premier israeliano Naftali Bennet è volato a Mosca, primo leader occidentale dopo lo scoppio della guerra. Tre ore di colloquio con Putin. Parole, saluti, promesse di "costante contatto", ma i razzi russi non si fermano. La Nato, che Putin vede come il Grande Satana dell’Occidente, gonfia i bicipiti nell’area baltica, rinforza indirettamente i confini. Svezia e Finlandia (fuori dalla Nato) annunciano cooperazione per la difesa e scambio di informazioni con gli Usa.

Putin schiuma di rabbia e traduce queste operazioni come provocazioni. "La Nato non può e non deve fare altro – dice il generale Giorgio Battisti, veterano di missioni all’estero e analista – l’Italia per ora reagisce con le sanzioni. Un impiego sul campo dell’Onu non è pensabile". Diplomazia,contatti,manifestazioni dell’esercito della pace. Tutto è utile. Da Pisa, Andrea De Guttry, professore di diritto internazionale, ha elaborato un documento per il Parlamento. Chiede di "avviare l’introduzione nel nostro ordinamento della giurisdizione universale per i crimini internazionali come altri Paesi europei". Hanno già firmato 100 docenti. Servirà? Non importa, intanto gridiamo. Mentre scriviamo in Ucraina calano le ombre della notte e con loro la paura, impalpabile, diffusa, lancinante. Altre ore disperate.