Mariupol, la città martire resiste ancora e non può arrendersi. Ecco il perché

Alzare bandiera bianca unirebbe di fatto il Donbass alla Crimea e aprirebbe la strada verso Odessa. Impossibile poi la resa dei militari di Azov ai separatisti filorussi

Mariupol non si piega. Non bastano tre settimane di assedio e di bombardamenti costanti per far cadere la resistenza ucraina. La città è ormai il fantasma di quello che era prima dell'attacco russo con ancora almeno 100.000 persone intrappolate tra le macerie. E fuggire per i civili è quasi impossibile con corridoi umanitari che si aprono e poi si chiudono senza un perché o con le forze russe che bloccano i convogli di mezzi umanitari in viaggio verso la città sul mare di Azov per raccogliere profughi.  E anche oggi nessun accordo è stato raggiunto con la Russia per l'evacuazione del centro di Mariupol definita la "vostra Genova" come ha dettto ieri il presidente ucraino  Volodymyr Zelensky nella video conferenza con il parlamento italiano

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Laa devastazione di un quartiere residenziale a Mariupol
Laa devastazione di un quartiere residenziale a Mariupol

Mariupol, la devastazione della città martire. Zelensky: l'assedio resterà nella storia

Le immagini satellitari di Mariupol rilasciate dalla societa privata Maxar hanno mostrato un paesaggio carbonizzato, con diversi edifici in fiamme e fumo che si alzava dalla città. Il Pentagono ha affermato che la Russia sta massacrando Mariupol con artiglieria, missili a lungo raggio e da navi militari schierate nel vicino Mar d'Azov. Le forze locali ucraine riferiscono anche di combattimenti "pesanti" a terra con la "fanteria russa che ha preso d'assalto la citta'" dopo aver rifiutato un ultimatum di arrendersi lunedi"'. Le agenzie di soccorso delle Nazioni Unite stimano che ci siano state circa 20.000 vittime civili in città e forse 3.000 uccisi, ma sottolineano che "la cifra effettiva rimane sconosciuta". "Un gelido paesaggio infernale ricoperto di cadaveri e di edifici distrutti". È la straziante testimonianza di decine di migliaia di residenti di Mariupol riferita da Human Rights Watch (Hrw). "Ci hanno bombardato negli ultimi 20 giorni", ha detto Viktoria Totsen, 39 anni, fuggita in Polonia, citata da The Guardian. "Durante gli ultimi cinque giorni gli aerei ci sorvolavano ogni cinque secondi e lanciavano bombe ovunque su edifici residenziali, asili, scuole, dappertutto". "È chiaro che gli occupanti non sono interessati alla città di Mariupol, vogliono raderla al suolo, ridurla alla cenere di una terra morta", ha detto un funzionario locale. 

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Orrore e morte ma Mariupol non può arrendersi. Prima di tutto perché così la Russia di Putin realizzerebbe il suo piano creando quel corridoio che unisce le repubbliche del Donbass al mare d'Azov e alla Crimea per poi puntare a Odessa, la città sul Mar Nera. E la Mosca ammette  pubblicamente l'importanza strategica della città Un responsabile russo ha illustrato all'agenzia russa Ria i piani per collegare la penisola di Crimea alla regione del Donbass "una volta che i militari avranno preso il controllo" della città portuale chiave di Mariupol. Kirill Stepanov, consigliere del Distretto federale meridionale della Russia che comprende la Crimea, ha detto all'organo di stampa che "prendere il controllo dell'autostrada dalla Crimea a Mariupol collegherà in modo affidabile la penisola con il Donbass tramite un corridoio di trasporto".  Stepanov ha aggiunto che questo corridoio e il ponte terrestre della Crimea formerebbero un "territorio di transito" che collega la regione del Caucaso, i porti marittimi lungo le coste settentrionali del Mar Nero e i centri industriali delle regioni occupate dalla Russia di Donetsk e Lugansk.  Questo obiettivo militare è stato a lungo indicato come il motivo per cui la Russia desidera così tanto Mariupol.  Un piano che evidentemente Kiev non può accettare.

Ma non c'è solo questo a impedire a Mariupol di alzare bandiera bianca. A difendere la città ci sono anche gli uomini del battaglione Azov e ad attacarla le milizie del Donbass e probabilmente anche ceceneA dividerli non c'è solo la guerra di oggi ma un odio profondo e brutalità che durano almeno dal 2014 anno della rivolta nel Donbass e della prima guerra che vide coinvolta anche Mariupol prima presa dalle truppe separatiste e poi riconquistata dagli ucraini con in prima linea proprio il battaglione Azov. Alzare bandiera bianca in questo contesto è impossibile come poco probabile che ai prigionieri vengano riservati i diritti dei prigionieri di guerra previsti anzitutto dalla convenzione di Ginevra. Per Mariupol non sembra esserci pace o tregua possibile.

 

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Alla luce dell’intensificarsi delle violenze e della conseguente emergenza umanitaria in Ucraina, le testate del Gruppo Monrif (Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno) hanno deciso di lanciare una raccolta fondi per rispondere alle enormi necessità della popolazione ucraina. 

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