
Donald J. Trump e Benjamin Netanyahu in aprile a Washington (Ansa)
Roma, 14 giugno 2025 – Israele vede nell’Iran la principale minaccia al suo diritto a esistere. Gli Stati Uniti sono il principale partner dello Stato ebraico e, di fatto, il principale garante della sua esistenza, anche se non esattamente pacifica. Il presidente USA, Donald Trump, ha detto che Washington era stata avvertita dell’attacco di due notti fa, ma che non ha partecipato. Ieri sera, però, quando Tel Aviv è stata bombardata a tappeto da droni e missili iraniani, l’America ha contribuito alla difesa del territorio israeliano.

Non è solo una questione di lealtà verso un alleato storico. La Casa Bianca ha un altro motivo, più sottile per approvare e coadiuvare questa offensiva di Israele contro l’Iran ed è la sua funzione anticinese. Che per Israele ovviamente non rappresenta una priorità, ma per gli USA sì.
Trump lo sa bene e non si è lasciato scappare l’occasione di mettere in difficoltà quelle che per lui sono le sue prime due emergenze in campo internazionale. Chiaramente, dovremo capire come evolverà la situazione e quali risultati Israele effettivamente potrà ottenere dalle sue operazioni. Ma va ricordato come, negli ultimi anni, la Cina ha aumentato la sua presenza in Medioriente e nella regione del Golfo, così tanto da impensierire gli Stati Uniti. Il warning definitivo è arrivato nella seconda decade del 2000, quando Pechino, con un upgrade importante delle sue ambizioni e capacità diplomatiche, ha deciso di avviare una mediazione fra Teheran e Riad, che aveva ripreso quota nel 2023.
Il Dragone, anche attraverso la Russia, da anni sta aumentando la sinergia commerciale, militare ed energetica con la Repubblica Islamica. Nel 2021 è stato firmato un accordo di cooperazione, con impegni economici, politici e strategici e, nei mesi scorsi, l’Iran aveva ordinato alla Cina materiali propellenti per missili solidi che, a differenza di quelli che sono alimentati da propellenti liquidi, sono semplici da gestire, pronti al lancio e utilizzabili come missili balistici. L’arma perfetta, insomma, per giocare sulla quantità e la velocità, cosa che Teheran da ieri sera sta cercando di fare con Israele. Pechino ha anche ottimi rapporti con Riad, particolare che ha spinto il tycoon a recarsi in fretta e furia nel Golfo per una lunga visita, ‘snobbando? (a questo punto verrebbe da dire fintamente) Tel Aviv. Non si trattava solo di affari, ma anche di arginare in qualche modo gli ottimi rapporti che Pechino ha con i Paesi della regione e le sinergie che stanno nascendo anche grazie a cooperazione sulle nuove tecnologie e l’enorme mercato energetico cinese, che può solo fare gola a grandi produttori di petrolio e gas naturale.