Roma, 27 giugno 2025 – “La violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima”, al punto che “il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra”. Papa Leone XIV accantona il linguaggio felpato per denunciare con forza l’orrore dei conflitti, spesso innescati da fake news. “Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti – ha detto ieri, ricevendo in Sala Clementina, la plenaria della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali –, a verificare quelle vere e a cercare di superarle e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di f
ake news ”. Altro monito quello implicito contro l’adagio del si vis pacem para bellum che sottende la corsa al riarmo decisa dai Paesi Nato (5% del Pil). “Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta – si è chiesto Prevost, stavolta in pura materia e forma bergogliana –? La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e coi quali si potrebbero costruire ospedali e scuole. E invece si distruggono quelli già costruiti!”.
Se la fine della Guerra dei dodici giorni gli ha riconciliato il sonno, dopo notti spezzate dall’eco delle bombe israeliane e statunitensi, il cessate il fuoco lo ha soprattutto confermato nella convinzione che, al di là di certe speranze occidentali, "nelle avversità la popolazione iraniana fa fronte comune". Il regime si rafforza e non viceversa è il sottotesto alle parole del cardinale Dominique Joseph Mathieu, 62 anni, arcivescovo di Teheran, rimasto al suo posto in queste settimane di fuoco in cui il mondo ha trattenuto il fiato per la paura di un’apocalisse atomica. La prudenza diplomatica suggerisce al religioso belga di glissare sul sospetto diffuso che l’attacco all’Iran sia stato funzionale a Israele per distogliere l’attenzione globale sull’inferno di Gaza, ma non impedisce a Mathieu di nutrire piú di un dubbio sulla tregua fra Netanyahu e Khamenei. "È una situazione molto fragile – osserva il porporato con il saio da frate minore conventuale, votato al dialogo con l’Islam nell’ottica, ribadita a più riprese, che si ha paura solo di ciò che non si conosce – . Ci si basa sulla deterrenza e non su accordi tra i belligeranti. La geopolitica del Medio Oriente è sempre volatile".
Eminenza, come ha vissuto questi giorni d’intensi raid anche su Teheran?
"La cattedrale della Consolata e i suoi annessi si trovano nell’undicesimo distretto della città, nel perimetro dell’ambasciata italiana. È quindi un luogo considerato sicuro. Tuttavia i bombardamenti erano fortemente udibili, ma ancora di più i colpi della difesa aerea. Trovare il sonno non è stato facile e la stanchezza si accumulava. Non avendo né riparo né sirene, anche io mi orientavo sui rumori, di cui finivo rapidamente per distinguere l’origine, per valutare i rischi e le misure da prendere. I mezzi di comunicazione e i social tenevano tutti informati sugli sviluppi sul campo, così come nel mondo".
Si è mai sentito in pericolo?
"Il carattere diplomatico del luogo di residenza rassicura, anche se non si è mai al riparo dai detriti di droni abbattuti o di proiettili vaganti".
Come è stata la vita a Teheran in queste ultime settimane?
"Le strade erano vuote. Davano una sensazione d’insicurezza angosciante".
Adesso le armi tacciono: durerà?
"Siamo lontani dallo stabilire il rispetto e la fiducia reciproci. Non si parla in questa fase di riconciliazione. Siamo ancora al livello del diritto di autodifesa, anche in modo preventivo".
Come Chiesa che cosa state facendo per la pace in Iran e Medio Oriente?
"Contro la mentalità della distruzione, coltiviamo il nostro spirito purificando il nostro cuore e allineandolo alla volontà di Dio. La Terra non ci appartiene, ma è stata affidata a noi. Trasmettiamo l’amore e non l’odio".
Gli iraniani sono stanchi del regime teocratico o sono fedeli agli ayatollah?
"Nelle avversità la popolazione iraniana, consapevole di appartenere a una civiltà millenaria, fa fronte".
Cosa significa essere cardinale in un Paese culla dell’Islam sciita?
"Permette di dare a una periferia geografica una voce nella Chiesa, così come di tendere la mano ai nostri fratelli e sorelle sciiti e alle stesse autorità della Repubblica Islamica dell’Iran".