Mercoledì 16 Luglio 2025
Beppe Boni
Esteri

Il generale e la strategia Usa: “Minaccia per piegare Teheran”

Il generale Tricarico: “Le bombe antibunker degli Usa possono fermare lo sviluppo dell’atomica”

Il generale e la strategia Usa: “Minaccia per piegare Teheran”

Roma, 19 giugno 2025 – La tensione sale con le dichiarazioni di Donald Trump che dice e non dice, lancia il sasso e lo ritira. Il mondo, dai grandi del G7 ai cittadini che osservano la guerra in televisione, rimane in apnea e si chiede se davvero gli Usa daranno la svolta al conflitto iraniano con gli aerei B2, gli unici a poter sganciare le super bombe anti bunker per distruggere definitivamente i laboratori di ricerca nucleare nascosti nel ventre delle montagne. Il generale Leonardo Tricarico, analista, già capo di Stato maggiore dell’aeronautica e presidente della Fondazione Icsa, appare prudente.

Il generale Leonardo Tricarico
Il generale Leonardo Tricarico

Se gli Usa entrassero nello scenario con gli aerei Spirit unici a poter sganciare le super bombe, ci sarebbe una svolta?

“Sarebbe un passo inaspettato ma forse risolutivo sui target nucleari. Israele comunque sta dimostrando di cavarsela benissimo da solo. Ha già il controllo dei cieli, ha azzerrato la catena di comando militare, ha distrutto basi missilistiche e centri di ricerca”.

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Le bombe anti bunker neutralizzerebbero siti nucleari sotterranei come Fordow.

“È possibile, ma manca il precedente sul campo. Le bombe GBU-57 sono potenti ma non basterebbe una incursione, servono molti passaggi, come un martello che batte su un chiodo. L’obiettivo si può raggiungere, ma sono scettico sul fatto che gli Usa entrino davvero nel teatro bellico. Israele ha un altro obiettivo importante”.

Quale?

“Prosciugare la fonte di approvvigionamento di armi iraniane delle milizie che fino ad oggi hanno minacciato Tel Aviv alle sue frontiere e cioè Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen. Ed è un risultato quasi raggiunto”.

Che segnale è l’avvicinamento di navi e aerei americani nell’area del conflitto?

“Sei B2 sono stati fatti arrivare alla base di Diego Garcia in un atollo dell’Oceano indiano dove ci sono anche i britannici e due portaerei sono quasi in zona. È un segnale di deterrenza e di pressione. Ma non credo che sia necessario questo spiegamento massiccio di forze, l’Iran è già molto indebolito”.

Come potrebbe reagire Teheran nel caso di un intervento americano?

“Metterebbe nel mirino le basi che gli Usa hanno nell’area del Golfo e forse chiudere lo stretto di Hormuz nel Golfo Persico, dove passa gran parte del petrolio. Potrebbe anche scatenare attentati terroristici contro obiettivi americani. Sullo stop a Hormuz entra in gioco la Cina. Pur essendo vicina politicamente all’Iran, credo che non lo permetterebbe”.

Quanto sono ancora in grado di resistere i Pasdaran col lancio di missili balistici?

“Forse sì e no qualche settimana. Le scorte di vettori a lunga gittata, tra quelle colpite dagli F35 e quelle usate per attaccare, si sono assottigliate. E meno missili arrivano e meglio funziona lo scudo aereo israeliano”.

Benjamin Netanyhau vuole rovesciare il regime?

“La situazione è ancora in divenire e come ormai è noto pare che la Russia possa offrire asilo alla Guida suprema Khamenei, ripetendo il copione mandato in scena con Assad in Siria”.

L’aviazione israeliana martellerà ancora dal cielo?

“L’Idf ha ormai il dominio totale è ha già raggiunto gran parte degli obiettivi. Forse ora potrebbe rallentare lì’impiego dei costosi F35 e puntare di più sui droni che consentono comunque di neutralizzare altri target”.

Come vede il futuro dell’Iran?

“Spero che una volta indebolito il regime si regolino tra di loro forze di opposizione interne per una transizione morbida impedendo di far collassare il fragile sistema istituzionale. Nel cambio di leadership bisogna evitare il caos come è successo in Afghanistan, Libia, Siria perfino nei Balcani dove tutt’ora è la Nato che garantisce la stabilità”.