Martedì 23 Aprile 2024

Governo Johnson al capolinea: in oltre 40 si dimettono. Premier licenzia ministro Gove

Chieste le dimissioni del capo del governo che esclude le elezioni anticipate. Lasciano 42 figure tra ministri, sottosegretari, segretari parlamentari privati

Londra, 6 luglio 2022 - Per Boris Johnson arriva un nuovo colpo durissimo. Il premier britannico ha perso il sostegno di un altro ministro di primo piano del governo Tory, Michael Gove, responsabile dello strategico portafogli del Livellamento delle Disuguaglianze Territoriali e sodale del premier attuale nella campagna referendaria pro Brexit del 2016. Gove, che ancora ieri aveva confermato il suo appoggio BoJo malgrado lo scandalo Pincher, ma che già in passato gli aveva voltato le spalle, ha fatto sapere oggi di ritenere che a questo punto Johnson debba dimettersi e in serata è stato 'licenziato' dallo stesso Johnson.

Il Primo Ministro inglese Boris Johnson esclude elezioni anticipate (Ansa)
Il Primo Ministro inglese Boris Johnson esclude elezioni anticipate (Ansa)

Insieme a questa notizia, c'è anche quella delle dimissioni, in queste ore, di 43 funzionari del governo britannico che hanno lasciato in polemica con il premier Johnson. L'ultimo a dimettersi è stato Il ministro responsabile per il Galles, Simon Hart. I dimissionari sono figure tra ministri, sottosegretari, segretari parlamentari privati (soggetti che fungono da collegamento tra un ministero e il Parlamento) e altre figure. Hanno annunciato il loro addio dicendo di non poter più servire sotto il premier attuale.

Mentre si moltiplicano le lettere di deputati Tory finora sostenitori di BoJo che affermano di non avere ora più fiducia in lui e gli chiedono di farsi da parte: inclusi ex ministri e brexiteer di spicco come Liam Fox o Robert Jenrick. Il governo britannico conta oltre 150 ruoli totali comprese le poltrone di minor peso. Mentre il vero organismo di potere è il consiglio di gabinetto (circa 30 membri, una ventina dei quali con diritto di voto) in seno al quale gli abbandoni sono stati finora tre: Rishi Sunak, ministro del Tesoro, Sajid Javid, della Sanità, poi oggi Michael Gove.

Johnson esclude le elezioni anticipate e le dimissioni

Una delegazione composta da almeno una mezza dozzina di ministri rimasti fedeli a Boris Johnson in seno al consiglio di gabinetto - sinedrio del governo britannico composto in totale da una trentina di membri - ha annunciato di volersi recare dal primo ministro per chiedergli di dimettersi sullo sfondo della crisi provocata dallo scandalo Pincher e dalla raffica di dimissioni in casa Tory. Della delegazione fanno parte, secondo la Bbc, il ministro-capo gruppo (chief whip) Tory alla Camera dei Comuni, Chris Heaton-Harris, e i ministri dei Trasporti, Grant Shapps; dell'Irlanda del Nord, Brendon Lewis; del Galles, Simon Hurt. Secondo alcune fonti non ancora confermate, ci sarebbe anche Nadhim Zahawi, che appena ieri aveva accettato di restare al governo e di essere promosso da ministro dell'Istruzione a cancelliere dello Scacchiere. Interpellato al riguardo durante l'audizione di fronte al coordinamento dei presidenti di commissione della Camera dei Comuni, cui Johnson ha accettato di sottoporsi malgrado la crisi, il premier ha opposto un no comment, dicendo di non voler parlare di iniziative di cui "non sono a conoscenza". Messo sulla graticola, Johnson ha poi negato la prospettiva di elezioni politiche anticipate: "Non credo che nessuno le voglia in questo momento" di crisi globale, ha detto. "Credo invece che noi dobbiamo andare avanti, servire gli elettori e affrontare le priorità che stanno loro a cuore".

Ma l'ormai ex Ministro Javid oggi ha motivato le sue dimissioni di ieri da ministro della Sanità, con un discorso, alla Camera dei Comuni, dai toni devastanti per il premier Boris Johnson. Javid ha detto di aver in passato concesso più volte "il beneficio del dubbio" al premier su altri sospetti di scandalo, ma di essersi ora convinto che il problema è "al vertice" e che Johnson "non cambierà". Ha quindi invitato con accenti accorati gli altri colleghi Tory a riflettere, sostenendo che la questione "non è solo personale", ma che ha a che fare con "il rispetto del rule of law" da parte del Partito Conservatore e con la necessità che la formazione di maggioranza "recuperi la fiducia" del popolo britannico se vorrà vincere anche le prossime elezioni.

In precedenza, altri due deputati conservatori, incluso l'ex ministro pro Brexit ed ex candidato leader David Davies, avevano avanzato o rinnovato durante il Question Times inviti espliciti a Johnson a dimettersi. Inviti peraltro respinti dal premier, che rivolgendosi in particolare a Davies lo ha "ringraziato" per la sua franchezza, ma ha insistito di "non poter essere più in disaccordo con lui" questa volta.