Martedì 25 Marzo 2025
REDAZIONE ESTERI

Gli uiguri deportati in Cina: imprigionati per undici anni in Thailandia

Sono una quarantina gli uiguri riportati in Cina, dove rischiano l’incarcerazione e la tortura. Si grida alla violazione dei diritti umani, ma quali sono gli oneri della Thailandia al cospetto del diritto internazionale? L’accaduto e i doveri del governo thailandese spiegati in modo semplice

Gli uiguri deportati in Cina: imprigionati per undici anni in Thailandia

Gli uiguri deportati in Cina: imprigionati per undici anni in Thailandia

Roma, 27 febbraio 2025 – Arriva la conferma dalla Cina: espulsi decine di cinesi dalla Thailandia. Un ‘trasferimento forzato’ secondo l’Onu. Gli interessati sono tutti appartenenti all’etnia turcofona degli Uiguri, maggioritaria nella regione dello Xinjiang. Amnesty International condanna l’accaduto, definendo la deportazione come ‘estremamente crudele’.

Undici anni prigionieri in Thailandia 

I deportati soggiornavano nelle carceri thailandesi dal 2014, prima di essere riportati in Cina. Ammassati nei centri di detenzione, gli iuguri imprigionati avevano la sola colpa di essere entrati illegalmente nel paese, una scelta disperata che è costata loro una decina di anni di vita. Alcuni non ce l’hanno fatta: le carceri thailandesi sono sovraffollate, le norme igienico-sanitarie carenti, la tutela del detenuto quasi utopica. Nel paese non mancano gli indignati e Kannavee Suebsang, rappresentante del Fair Party al Parlamento thailandese, lancia un appello sui social: ‘Cosa sta facendo il governo?’ e riguardo alle deportazioni scrive: ‘Sono stati imprigionati per undici anni. Abbiamo violato per troppo tempo i loro diritti umani’.

L’amministrazione thailandese ha risposto alle accuse, sostenendo di aver agito nel pieno rispetto del diritto internazionale. Una decisione ritenuta ponderata: gli immigrati illegali sono stati detenuti per troppo tempo e, a quanto pare, nessun paese si è mai fatto avanti per ospitarli. Nemmeno la Turchia (che in passato ha accolto diversi uiguri). Inoltre, il primo ministro Paetongtarn Shinawatra sarebbe stato rassicurato dal governo cinese riguardo alla sicurezza dei deportati se riportati in patria. 

La denuncia degli attivisti

È fronte unitario da parte degli attivisti: il rimpatrio degli iuguri in Cina è un affronto alla tutela dei diritti umani. Lo conferma Elaine Pearson, direttrice per l'Asia di Human Rights Watch, che ha commentato l’accaduto: "Il trasferimento di detenuti uiguri in Cina da parte della Thailandia è una flagrante violazione degli obblighi  del paese ai sensi del diritto interno e internazionale" a dispetto di quanto affermato dal governo thailandese. Secondo l’associazione, gli iuguri riportati in Cina sono ad alto rischio di torturadetenzione. Anche Volker Turk, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha definito la mossa una "chiara violazione" del diritto internazionale. La Thailandia è accusata, infatti, di violare il principio di non respingimento, sancito dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1951 e dal successivo protocollo del 1967. 

Il principio di non respingimento e il caso thailandese

La Convenzione di Ginevra del 1951 sancisce il principio di non-refoulement, ovvero il divieto di espulsione e di rinvio al confine del rifugiato (‘Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche’ Art. 33, comma 1). Un principio cardine del diritto consuetudinario internazionale, e che sembra venire a meno in Thailandia. O meglio, un principio mai ufficialmente riconosciuto. Il governo thailandese, infatti, non ha mai fatto parte dei paesi firmatari della Convenzione di Ginevra e del successivo Protocollo del 1967, per eccellenza i maggiori strumenti a tutela dei rifugiati. Il governo thailandese, però, non è completamente ne è svincolato: l’accordo di partenariato UE-Thailandia (APC) del 2022 impone anche una maggiore attenzione al rispetto dei diritti umani, compresi quelli dei rifugiati. Inoltre, nella risoluzione non legislativa del Parlamento europeo del 14 giugno 2023, L’Unione Europea fa pressione per una, quanto più possibile tempestiva, adesione della Thailandia ai Trattati del ‘51 e del ‘67.