Roma, 3 giugno 2025 – Forse non cambierà nell’immediato le sorti della guerra e delle trattative di pace avviate in Turchia, ma l’operazione Tela di Ragno degli ucraini in territorio russo con la distruzione o il danneggiamento di 41 bombardieri in 4 basi serve quantomeno a dimostrare che la reattività di Kiev è vitale. Ne è convinto il generale degli alpini Giorgio Battisti, analista, già primo comandante italiano delle forze dell’Alleanza in Afghanistan, ora responsabile militare del Comitato atlantico.

È una mossa inopportuna con le trattative in corso?
“Lo considero un atto legittimo di difesa, c’è una guerra in corso, è inevitabile che mentre si tratta proseguano le operazioni belliche. I russi, del resto, bombardano in Ucraina anche obiettivi civili. Certo, è una operazione senza precedenti che qualcuno ha definito la Pearl Harbour russa, ricordando l’attacco giapponese alla base Usa nel 1941. E serve per tenere alto il morale”.
La resistenza ucraina è solida?
“È in grado di mantenere un assetto di difesa accettabile, contando anche su complicità all’interno del territorio russo. Del resto si tratta di due popoli che parlano la stessa lingua e sono da sempre mescolati”.
Possibile che abbia concorso in questa, come in altre operazioni, l’intelligence britannica?
“È quasi certo. Si tratta di dinamiche complesse preparate con molti mesi di anticipo e con il concorso di più elementi. Anche il Washington post, citando fonti della Difesa Usa, ha scritto tempo fa che fuori dai confini ucraini è operativo un Common operation picture, cioè una struttura capace di fornire un quadro globale del campo di battaglia per adottare strategie e decisioni comuni. Ne farebbero parte elementi americani, britannici e ucraini”.
Si ipotizza che i camion camuffati con a bordo i droni assassini siano entrati dal Kazakistan.
“È possibile perché i rapporti tra Kazakistan, altri Paesi ex Urss dell’area asiatica, e la Russia si sono deteriorati. Già in passato elementi islamisti sono penetrati in territorio di Mosca per compiere attentati”.
La capacità militare ucraina è in grado di resistere ancora?
“Al di là di imprese spettacolari come quella recente può resistere per diversi mesi anche se i russi avanzano, pur con fatica, nel Donbass e a costi umani altissimi. Gli ucraini hanno però forte capacità tattica. Il nodo sono le risorse umane”.
Cioè gli arruolamenti?
“È sempre più difficile rimpiazzare le perdite sul campo. L’età è stata portata a 25 anni, ma gli Usa premono perché si abbassi a 18. Il vertice dell’esercito intanto ha ridotto di molto i termini psicofisici per l’esonero, poi c’è da arginare il rischio della corruzione per schivare la divisa. E dall’inizio della guerra 500mila uomini sono riusciti ad uscire dai confini per evitare il fronte”.
Le risorse degli armamenti scarseggiano?
“Per ora Kiev è in grado di resistere. Gli americani hanno rallentato le forniture ma altre nazioni, come Svezia, Paesi baltici, Bran Bretagna e Germania stanno facendo sforzi enormi per mantenere alto il livello di dotazioni”.
I Paesi europei dovranno produrre più armi?
“Molti lo fanno già. Il nodo è che l’industria occidentale produce con la logica del tempo di pace, mentre Mosca ha convertito le proprie aziende verso una produzione da tempo di guerra, più rapida e massiccia”.
Di cosa ha immediata necessità la difesa ucraina?
“Di migliori dotazioni per la difesa antiaerea su missili e droni, la cui tecnologia è più sofisticata. I russi ora lanciano droni da 3mila metri. Kiev comunque dispone di sistemi di deterrenza in parte, tra l’altro, prodotti vicino a Pomezia. Sono le dotazioni Skynex, della Rheinmetal Air defence con sede a Zurigo”.