Covid, gene raddoppia il rischio di morte: la scoperta che può aiutare la lotta al virus

Predominante in Asia meridionale. In Europa ce l'hanno 15 persone su 100

Ricercatrice al lavoro  (Ansa)

Ricercatrice al lavoro (Ansa)

Londra, 5 novembre 2021 -  Mentre l'Europa affronta la quarta ondata di Covid-19, una buona notizia arriva dal fronte della ricerca. Gli scienziati dell'Università di Oxford infatti hanno isolato un gene responsabile del rischio di malattia polmonare grave e di morte. La versione 'rischiosa' del gene - capace di aumentare fino a raddoppiare il rischio - non è distribuita omogeneamente tra la popolazione e questo potrebbe spiegare almeno in parte le diverse conseguenze che il virus Sars-Cov-2 ha sugli individui. 

L'allele in questione è predominante in Asia Meridionale dove caratterizza il patrimonio genetico del 60% della popolazione. In Europa invece ce l'ha il 15% delle persone. Nella popolazione di origine africano-caraibica è presente solo per un 2 %, per l'1,8% nelle persone con origini asiatico orientali. 

Per isolare il gene esatto - chiamato LZTF1 -, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di intelligenza artificiale e una nuova tecnologia molecolare. Il fatto che il gene rischioso non colpisca allo stesso modo tutte le popolazioni "è molto importante", commenta il responsabile della ricerca. E potrebbe portare alla formulazione di farmaci specifici per i polmoni (attualmente quelli esistenti oggi si concentrano molto di più sul sitema immunitario). Il professor James Davies ricorda comunque come il rischio per ciascun individuo sia poi determinato da un insieme di fattori. Prima di tutto l'età.

Come agisce il gene 

Gli scienziati di Oxford sostengono che il gene in questione,nella sua forma 'rischiosa', rende i polmoni più suscettibili all'infezione da coronavirus. L'ipotesi - si legge sul sito della BBC - è che mandi in tilt il meccanismo protettivo chiave che le cellule che rivestono i polmoni normalmente impiegano per difendersi dal Covid. Quando queste cellule interagiscono con il Sars-Cov-2, una delle loro strategie di difesa è quella di trasforarsi in cellule meno specializzate. Questa 'despecializzazione' riduce la quantità di proteina ACE-1 che consente al coronavirus di 'attaccare' le cellulare. Nelle persone con la versione 'cattiva' del LZTFL1 questo meccanismo non funziona bene. 

E i vaccini? 

E' importante sottolineare che il gene ha un impatto sulla malattia polmonare ma non sul sistema immunitario. Questo significa che il vaccino funziona bene anche su quelle persone con rischio genetico più alto. "Anche se non possiamo cambiare la nostra genetica - commenta Davies, secondo quanto riporta la BBC - i nostri risultati mostrano che le persone con alto rischio genetico beneficiano in modo particolare dei vaccini".