Giovedì 12 Giugno 2025
VIVIANA PONCHIA
Esteri

Gaza, il cooperante: “Scenario post-atomico, come spettri in fuga verso il nulla”

Malavasi (Ong WeWorld): “Scorte esaurite, prezzi proibitivi. Si muore per le bombe e la carenza di cibo”

Gaza, il cooperante: “Scenario post-atomico, come spettri in fuga verso il nulla”

Roma, 28 maggio 2025 – Starvation, fame. La strategia è chiara: annientare una popolazione di 2,1 milioni di abitanti attraverso il crimine di guerra più agghiacciante. Il diritto internazionale lo condanna, l’attenzione mondiale comincia a dare segni di risveglio dopo mesi di sonno. Nella Striscia di Gaza si muore sotto le bombe o perché non si mangia più. È morto di malnutrizione prolungata Mohammad Yassin, che aveva 5 anni. Come altri 242 esseri umani negli ultimi 80 giorni. Soprattutto bambini e anziani, i più vulnerabili. Da marzo l’accesso agli aiuti umanitari è stato praticamente azzerato, gli sforzi delle organizzazioni non governative sono un cerotto sull’emorragia. Giovanni Malavasi, head of programmes di WeWorld, parla di uno scenario post atomico: “È straziante, non pensavo avremmo mai visto qualcosa di simile. Già nel 2006 questa era una prigione a cielo aperto, ma nelle persone sopravviveva una vitalità straordinaria. Ora lo sconforto è totale, la devastazione assoluta”.

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Rafah, un ragazzo cammina con un pacco dei viveri distribuiti a Rafah (Ansa)

Eppure Israele avverte che il peggio sta per arrivare, la città di Khan Younis deve prepararsi all’attacco finale. Riesce a immaginare qualcosa di ancora più terribile?

“Temo di sì e sono allibito: l’orrore senza possibilità di ritorno. Quando si parla di escalation dell’azione militare su un territorio per metà già raso al suolo, resta solo l’annientamento. Ci sono chilometri di macerie e spettri affamati che cercano rifugio nei palazzi sventrati. Vivono nell’ansia del prossimo sms che ordina l’evacuazione immediata. Caricano l’asino e vanno verso il nulla senza la certezza di essere al sicuro almeno lì. L'obiettivo di uno spostamento forzato e su larga scala della popolazione è sempre stato dichiarato apertamente”.

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Conferma che i cargo con il cibo non riescono a entrare?

“Dal 2 marzo ogni ingresso è bloccato. Le scorte sono esaurite, i prezzi del poco che resta proibitivi. Durante il cessate il fuoco un chilo di farina costava 5 shekel, circa un euro e trenta. Oggi siamo a 14 euro mentre frutta e verdura hanno subito rincari del 150%. Acquisti solo cash, chi non ha soldi contanti è spacciato. Il livello di malnutrizione è classificato come catastrofico: cinque su una scala da uno a cinque. Settantamila tra bambini e donne in gravidanza sono a rischio di morte”.

La Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), sostenuta da Stati Uniti e Israele, ha avviato la distribuzione di aiuti per evitare il dirottamento da parte di Hamas. Voi e le Nazioni Unite, però, sostenete che questa iniziativa viola le regole umanitarie. Perché?

“Perché incompatibile con i principi di neutralità, imparzialità e umanità. Si accede agli aiuti esclusivamente nei centri di distribuzione militarizzati e solo in due logistic hub vicino a Rafah. Questo comporta ulteriori spostamenti per una popolazione già stremata e non garantisce l’accessibilità a tutti. Malati, anziani e fragili sono tagliati fuori. È una chiara strumentalizzazione dell’aiuto umanitario per fini politici”.

E ci vuole una madre che perde nove dei suoi dieci figli sotto un bombardamento per attirare l’attenzione del mondo.

“Si muore tutti i giorni e notizie altrettanto tragiche non vengono date. Intere famiglie massacrate, bimbi bruciati vivi o portati via dalle infezioni. Ci sono focolai di varicella e rosolia, il colera è stato contenuto ma una banale gastroenterite è letale su un sistema immunitario compromesso. Manca tutto, dagli antibiotici ai supplementi di vitamine. Si fanno operazioni chirurgiche senza anestesia”.