Fukushima, tutti assolti i dirigenti della Tepco

Giudicati non colpevoli l'ex presidente e i due vicepresidenti dell'utility giapponese, accusati di disastro colposo: "Non potevano prevedere uno tsunami" nonostante nel 2008, tre anni prima del disastro, fossero stati avvertiti proprio di questa eventualità

Fukushima, una manifestante regge un cartello: "Nessun colpevole" (Ansa)

Fukushima, una manifestante regge un cartello: "Nessun colpevole" (Ansa)

Tokyio (Giappone), 19 settenbre 2019 -  Tutti assolti. L'incidente nucleare di Fukushima è stato provocato solo dal destino che ha fatto abbattere sulla centrale nucleare un devastante tsunami. In realtà la Tepco, la società che aveva costruito e gestiva l'impianto, fu avvertita nel 2008 che uno tsunami con onde alte fino a 10 metri - stima ancora conservativa dato che l'evento portò poi a onde altre 15 metri - poteva colpire l'impianto, ma scelse di non alzare i muri di protezione a mare (in grado di contenere uno tsunami con onde fino a 5.7 metri) e non spostare in posizione più sicura i generatori elettrici di emegenza. Troppo costoso, evidentemente. E questo ha portato alla tragedia. 

Ma la corte di Tokyio chiamata a giudicare i dirigenti della Tepco la pensava diversamente e li ha assolti. L'ex presidente di Tepco Tsunehisa Katsumata, 72 anni, e gli ex vicepresidenti Sakae Muto 68 anni e Ichiro Takekuro,72 anni, in carico al'epoca della tragedia, e sotto accusa per disastro colposo - pena per la quale lo scorso 26 dicembre era stata chiesta un condanna a cinque anni - sono stati tutti giudicati non colpevoli dal tribunale distrettuale di Tokyo. "Sarebbe impossibile gestire una centrale nucleare se gli operatori fossero obbligati a prevedere tutte le possibilità di uno tsunami e ad adottare le misure necessarie" ha detto il giudice Kenichi Nagafuchi dopo averli assolti. Ovviamente, per il principio di precauzione è vero il contrario, chi gestisce una centrale nucleare è obbligato a prevedere tutte le possibilità che possono portare a un incidente rilevante e rendere le necessarie precauzioni, ma così vanno le cose in Giappone. E forse non solo in Giappone. 

Gli avvocati che facevano funzione di pubblici ministeri hanno detto che i tre dirigenti hanno avuto accesso a dati e studi che anticipano il rischio per la zona da uno tsunami di altezza superiore a 10 metri che potrebbe innescare una perdita di potenza e causare un disastro nucleare. Ma il giudice Nagafuchi ha stabilito che, per ritenere i dirigenti responsabili di negligenza criminale, "gli avvocati dell'accusa devono dimostrare che è possibile prevedere gli tsunami". Nagafuchi ha detto che, "sebbene i dirigenti fossero consapevoli del rischio di un grave tsunami prima del disastro, non è stato stabilito che avrebbero potuto completare le misure preventive in tempo". Potevano - dato che lo studio era del 2008 e l'incidente del 2011 - ma non hanno voluto, preferendo minimizzare il rischio.

Vestiti con abiti scuri e cravatte, gli imputati si sono seduti in silenzio mentre il presidente Kenichi Nagafuchi leggeva la sentenza. Una donna seduta nella galleria pubblica, dove erano sedute circa 100 persone, ha gridato "incredibile", all'udienza del verdetto. Fuori dal tribunale - ad assistere erano ammesse solo 45 persone - c'erano centinaia di manifestanti che hanno protestato per la decisione.

Ma per molti versi era una sentenza già scritta. Il processo, iniziato nel giugno 2017, è stato condotto da avvocati nominati dallo Stato dopo che i pubblici ministeri hanno deciso di non rinviare a giudizio gli imputati. Molti  esperti legali avevano detto che era improbabile che i tre ex dirigenti del più grande fornitore di energia del Giappone sarebbero stati giudicati colpevoli, dato che i pubblici ministeri avevano deciso di non portare il caso in giudizio. E così è stato.