Facebook, la talpa era una dipendente: "Profitti prima della sicurezza degli utenti"

Migliaia di documenti forniti al Wall Street Journal e al Congresso degli Usa, che indaga sulla rivolta del Campidoglio. FB si difende: "Non è vero che incoraggiamo i cattivi contenuti"

Mark Zuckerberg davanti la commissione dei servizi finanziari Usa, 2019 (Ansa)

Mark Zuckerberg davanti la commissione dei servizi finanziari Usa, 2019 (Ansa)

New York, 4 ottobre 2021 - Ci sono Facebook, i profitti economici e la sicurezza informatica degli utenti. Ci sono le presidenziali americane del 2020, il prima e il dopo e la 'gola profonda' che finalmente ha un nome e un volto: Frances Haugen, ingegnere informatico di 37 anni laureata ad Harvard. "Ho visto - afferma in un'intervista esclusiva alla rete americana Cbs - conflitti di interesse fra quello che era buono per il pubblico e quello per che era buono per Facebook, e Facebook ogni volta ha scelto quello che era meglio per sé". Con lei si completa la lista di ingredienti dell'ultima storia legata alla creatura di Mark Zuckerber, forse la più pesante dal 2018 e da Cambridge Analytica, quando un'innumerevole quantità di dati degli utenti erano stati ceduti all'azienda di consulenza e marketing online perché potesse profilarli.

Down, quanto ha perso Zuckerber e cosa succede ora?

Haugen era una dipendente dell'azienda di Zuckerber, assunta nel 2019 come informatica addetta ai dati. A causa di un lutto personale ha deciso di denunciare i meccanismi giudicati anti-etici della società e fornire relativa documentazione al Wall Street Journal. Il punto di non ritorno, secondo il suo racconto, sono state le elezioni presidenziali americane del 2020. "Prima c'era un piano di sicurezza - spiega la Haugen - di monitoraggio su messaggi d'odio e disinformazione che circolavano sul social" mentre dopo gli algoritmi sono cambiati, "il sistema è diventato meno sicuro". Allentare la censura nei confronti di determinati contenuti ha significato favorire la diffusione delle teorie sui brogli elettorali.

" A Facebook avevano pensato - continua Haugen - che se avessero cambiato gli algoritmi in ottica di sicurezza, la gente avrebbe speso meno tempo sui social, avrebbero cliccato meno le inserzioni pubblicitarie", tradotto: meno entrate per Facebook. "Hanno sempre preferito il profitto alla sicurezza", chiosa 'la talpa' nell'intervista.

E proprio le teorie cospirazioniste alimentate dalla strategia di Facebook avrebbero causato - sempre secondo il suo racconto -  la perdita di una persona cara per Frances Haugen, che non risparmia neanche Instagram, il social fotografico divenuto nel 2012 parte integrante del gruppo di Mark Zuckerber. In questo caso entra in gioco la salute femminile, in particolare delle adolescenti. "Una ricerca realizzata da Facebook - ha raccontato - dice che più le giovani donne si interessano a contenuti legati al disordine alimentare, più entrano in depressione e, di conseguenza, più usano Instagram'". Un altro circolo vizioso digitale: non importa se la tematica è delicata e ha bisogno di una divulgazione controllata, perché se porta visualizzazioni, e quindi profitto, non va censurata.

Non è la prima volta che Haugen lavora per portare a galla la politica senza scrupoli di Facebook e altri social. Sempre lei ha fornito alla Securities and Exchange Commission (Sec) e al Congresso degli Stati Uniti migliaia di file che dimostrerebbero come il social abbia sistematicamente tenunto nascosti, sia al pubblico sia agli investitori, i report e gli studi svolti. Questo martedì Haugen è attesa proprio al Congresso per una deposizione e potrebbero esserci novità anche sulle indagini in merito alla rivolta al Campidoglio del 6 gennaio, per le quali si sta cercando di definire il ruolo che Facebook ha svolto.

"A un certo punto - racconta ancora l'informatica 37enne - ho realizzato che dovevo agire in modo sistematico: dovevo raccogliere abbastanza prove in modo che nessuno potesse mettere in dubbio che quanto cercavo di dire (su Facebook, ndr), era reale".  La società di Zuckerberg , al momento, si è difesa solo con una nota scritta in cui rivendica i miglioramenti fatti per contrastare la disinformazione e contenuti potenzialmente pericolosi per le persone. "Sostenere - si legge - che incoraggiamo i cattivi contenuti e non facciamo niente per fermarli non è vero".