
Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo (ImagoE)
Roma, 26 giugno 2025 – All’apice del suo potere politico, forte di un Partito popolare europeo dominante nelle principali istituzioni dell’UE, il leader Manfred Weber difende la scelta di spostare il baricentro al centrodestra dopo le elezioni europee. In un’intervista a Euractiv.com condotta da Eddy Wax, il politico tedesco da 21 anni eurodeputato, rilancia l’idea di una difesa comune europea, spinge per superare l’unanimità in politica estera e respinge le accuse di complicità con l’estrema destra: “Il Ppe è l’unico argine efficace contro il populismo”.
“Proseguiamo con la cooperazione transatlantica e restiamo uniti nella famiglia della Nato. E con nuove ambizioni comuni, il 5%. Al Consiglio europeo c’è un buon consenso sul fatto che ora l’Europa debba costruire questa capacità”, afferma Weber nell’intervista. Il riferimento è all’obiettivo del 5% del Pil da destinare alla difesa raggiunto al recente vertice dell’Alleanza atlantica all’Aja e che rispecchia i desiderata del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Secondo l’eurodeputato tedesco, “forse non ci piace, forse non siamo abituati a farlo, ma è necessario. E il presidente degli Stati Uniti ci sta spingendo in questa direzione. È proprio ciò di cui l’Europa ha bisogno ora: un pilastro di difesa europeo all’interno della Nato”. Un pilastro, chiarisce Weber, che nel lungo periodo dovrà sfociare in un esercito europeo, anche se “partiamo da zero”.
“Per questo accogliamo con favore misure comuni già adottate, come SAFE e nuove opzioni per gli Stati membri per ricorrere al debito”, aggiunge il leader del Ppe in riferimento ai piani messi in campo dalla Commissione europea come il piano di prestiti da 150 miliardi di euro Security Action for Europe.
A suo avviso, le forze armate nazionali “non sono in grado di difendere l’Europa. Servono una linea di comando europea e progetti comuni: difesa missilistica, programmi satellitari, una brigata cibernetica e un esercito di droni”.
L’urgenza è anche politica: “Guardando al panorama europeo – elezioni presidenziali in Polonia, in Romania – dobbiamo costruire ora un’architettura di sicurezza europea davvero solida e irreversibile. Perché se domani in Francia vincesse un candidato di estrema destra, teoricamente, sarebbe vincolato”.
Secondo Weber, serve quindi “un’infrastruttura difensiva che impedisca ai singoli Stati di agire in modo egoistico. Il cancelliere tedesco Merz parla di avere l’esercito più grande d’Europa. Poi vedo i sondaggi con il 22% per l’AfD (Alternative für Deutschland), e questo mi preoccupa davvero come politico europeo”.
L’Europa oggi è un think tank: serve una vera potenza diplomatica
Sul fronte della politica estera, Weber è netto: “L’Europa sta diventando una specie di think tank. Osserva, ma io voglio che diventi una vera potenza diplomatica”. A tal fine, considera urgente riformare il processo decisionale: “L’unanimità è la questione centrale, e se non si può cambiare con l’attuale Trattato di Lisbona, allora gli Stati membri che vogliono andare avanti – Francia, Germania, Italia, Spagna – devono farlo. Serve una ‘coalizione dei volenterosi’”.
Quanto ai rapporti commerciali con gli Stati Uniti, Weber ribadisce la necessità di un equilibrio nei rapporti transatlantici. “Vogliamo un accordo e ne abbiamo bisogno. Ma sì, l’Europa rappresenta il 22% del PIL globale, l’America il 25%. Non possiamo permettere che Washington ci metta sotto. Dobbiamo essere sicuri di noi stessi e mostrare che abbiamo gli strumenti, o che la Commissione europea li ha”.
Lavorare in modo costruttivo con tutti i partiti
Sul fronte interno, Weber difende la sua azione in Parlamento, specie dopo le critiche ricevute per il ruolo avuto nel rallentare la normativa anti-greenwashing. “Vogliamo lavorare insieme in modo costruttivo con tutti i partiti. Ma qui non si parla più di tattica, si parla di contenuti”.
“Guardate la realtà politica in Europa: Polonia, Romania, perfino in Portogallo. Chega è arrivato secondo, davanti ai socialisti. Dico ai socialisti, a Renew: considerate davvero cosa sta succedendo fuori dalla bolla di Bruxelles”, prosegue. E aggiunge: “I socialdemocratici tedeschi dicono cose molto diverse dai socialisti qui a Bruxelles. E questo per me è un problema nella gestione quotidiana”.
Nonostante le tensioni, rivendica la coerenza del Ppe. “Un messaggio chiaro: dobbiamo fermare l’ondata autoritaria in Europa. Il Ppe è il primo partito a farlo. E non sosterremo mai una normativa che imponga l’approvazione preventiva di uno spot pubblicitario. È assurdo parlare di ridurre la burocrazia e poi pretendere che Bmwì o Renault debbano ottenere un via libera statale per affermare che riducono le emissioni”.
A chi lo accusa di spostare l’asse a destra e di votare con i populisti, Weber replica: “Sono stato il primo politico europeo a definire una linea rossa chiara verso l’estrema destra. Tre principi sono oggi senso comune: pro-Europa, pro-Ucraina, pro-Stato di diritto. Sono fondamentali”.
E ribadisce: “Quando si discute se si è favorevoli alla normativa sulla deforestazione o all’approvazione preventiva delle pubblicità ‘verdi’, non si tratta di una barriera etica, ma di contenuti. E su questi si possono avere opinioni diverse”.
“Vorrei vedere i socialisti più forti e impegnati a rappresentare i lavoratori dell’industria, ma quei voti non li ricevono più”, dice. “Sono stato criticato per aver bloccato alcune parti del Green Deal, come la legge sul ripristino della natura. Ma ho davvero creduto che fossero sbagliate – e oggi si vede che non funzionano”.
“Il mio obiettivo non è cavalcare l’onda populista, ma assumermi delle responsabilità e cercare una via di mezzo. Ed è questo, il miglior antidoto al populismo”.
Porte aperte alla collaborazione
Weber conferma che resta aperto il dialogo con socialisti e liberali: “Sulle grandi questioni – il QFP, la competitività – abbiamo bisogno gli uni degli altri. La porta è sempre aperta. Possiamo lavorare insieme”. Ma l’avvertimento è chiaro: “Se la gente non vota più per i verdi o i socialisti, allora le cose cambiano anche a livello europeo. Se questo è il risultato di un’elezione, allora è democrazia. E io cerco davvero il dialogo con ogni democratico”.
Infine, alla domanda su un suo futuro ruolo nella prossima Commissione, Weber risponde con una risata: “Questo lo devono giudicare gli altri”. Ma aggiunge: “Oggi ho molti dossier sulla scrivania, per preparare il Consiglio europeo. Negli ultimi giorni ho parlato con tutti i leader del PPE ai massimi livelli per preparare il nostro vertice. Ed è qui che posso davvero dare il mio contributo – ed è quello che intendo fare”.