Lunedì 14 Luglio 2025
Aurélie Pugnet, Ines Fernandez-Pontes, Sara Bertolli – Euractiv
Europa

La Spagna chiede l’esonero dall’obiettivo NATO del 5% del PIL per le spese per la Difesa

Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha apertamente respinto la proposta in una lettera inviata giovedì (19 giugno) al segretario generale della NATO Mark Rutte.

Il premier spagnolo Pedro Sanchez (Ansa)

Il premier spagnolo Pedro Sanchez (Ansa)

Roma, 20 giugno 2025 – Mentre i leader della NATO si preparano a discutere l’aumento delle spese per la difesa al 5% del PIL in occasione del vertice della prossima settimana all’Aia, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha apertamente respinto la proposta in una lettera inviata giovedì (19 giugno) al segretario generale della NATO Mark Rutte.

“Impegnarsi a raggiungere un obiettivo del 5% non solo sarebbe irragionevole, ma anche controproducente”, spiega Sánchez nella lettera, visionata da Euractiv.

Rafforzare la difesa europea aumentando la spesa è “incompatibile con il nostro stato sociale e la nostra visione del mondo”, ha aggiunto Sánchez.

Nel suo messaggio a Rutte, il leader socialista spagnolo ha sottolineato che non ha “alcuna intenzione di limitare le ambizioni di spesa [militare] di altri paesi, né di ostacolare l’esito del vertice della prossima settimana”.

Sánchez propone invece “una formula più flessibile” per soddisfare i requisiti di capacità della NATO in termini di equipaggiamento e truppe, che non sia legata alle percentuali del PIL. Egli suggerisce inoltre che l’obiettivo del 5% dovrebbe essere reso facoltativo, o che la Spagna dovrebbe essere “esonerata” dal rispettarlo, come è già avvenuto in passato per altri alleati.

La posta in gioco del vertice

I 32 leader degli Stati membri della NATO si riuniranno all’Aia martedì e mercoledì prossimi, con un nuovo obiettivo di spesa per la difesa come unico argomento all’ordine del giorno. La Spagna è attualmente l’unico paese che si oppone all’approvazione dell’obiettivo del 5% del PIL, una cifra proposta da Rutte a seguito delle pressioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, leader della più grande potenza militare dell’alleanza. Altri paesi, tra cui l’Italia, hanno espresso riluttanza e chiedono più tempo per raggiungere l’obiettivo.

Il 5% proposto è suddiviso in due componenti: il 3,5% del PIL per la spesa di difesa di base – in aumento rispetto all’attuale soglia del 2% – e un ulteriore 1,5% per la “spesa correlata alla difesa”, come gli aiuti all’Ucraina, le capacità informatiche, la resilienza e le infrastrutture.

Secondo Sánchez, Madrid può soddisfare i requisiti di capacità della NATO spendendo il 2,1% del suo PIL per la difesa.

Il primo ministro spagnolo ha anche messo in discussione la validità dell’utilizzo del PIL come parametro di riferimento. “Le capacità si pagano con gli euro, non con le percentuali del PIL”, ha scritto.

Venti contrari 

La resistenza della Spagna non è l’unico ostacolo al raggiungimento di un accordo a livello di alleanza in occasione del prossimo vertice. Rimangono ancora irrisolte alcune questioni relative alle scadenze e ai meccanismi di rendicontazione annuale.

Sánchez sta affrontando pressioni anche in patria. Il suo partner minore di coalizione, il partito di sinistra Sumar, ha già votato in Parlamento contro l’aumento della spesa per la difesa, avvertendo che un bilancio militare più consistente “avrebbe comportato tagli alle politiche sociali”.

La presidente di Sumar, Yolanda Díaz, ha persino sostenuto il ritiro della Spagna dalla NATO e ha minacciato di rompere la coalizione a causa del “piano di riarmo” di Sánchez.