Venerdì 11 Luglio 2025
ROBERTO CASTALDI – EURACTIV
Europa

La Germania e l’europeismo tradito, un destino comune per Merz e Scholz?

Difesa e debito comuni, il nuovo cancelliere rinnega le promesse, proprio come il predecessore Olaf Scholz: europeisti a parole, nazionalisti nei fatti

L'ex cancelliere tedesco Olaf Scholz con il successore Merz

L'ex cancelliere tedesco Olaf Scholz con il successore Merz

Berlino, 12 giugno 2025 – Scholz, all’epoca ministro delle Finanze del Governo di grande coalizione guidato da Angela Merkel, durante la pandemia si era schierato a favore del debito comune europeo ed aveva anche appoggiato l’ipotesi di trasformare questo strumento una tantum in uno strumento strutturale della politica economica dell’Unione, parlando di momento Hamiltoniano per l’Europa. Scholz aveva anche sostenuto che nel mondo globale l’unico livello in cui si potesse esercitare efficacemente la sovranità era il livello europeo. In seguito, durante la campagna elettorale per la cancelleria, aveva esplicitamente sostenuto la necessità di abolire l’unanimità nel contesto istituzionale dell’UE, specialmente nel campo della politica estera, di sicurezza e difesa comune.

Infine, non appena eletto alla cancelleria, aveva convinto i partner della coalizione a sottoscrivere un contratto di governo in cui si  impegnavano a usare la Conferenza sul futuro dell’Europa come punto di partenza per riformare l’Unione: la Conferenza “dovrebbe portare a una convenzione costituzionale e all’ulteriore sviluppo di un’Europa federale che sia decentralizzata e organizzata secondo il principio della sussidiarietà”. Scholz aveva esplicitamente detto che “Un’Europa sovrana è la chiave per la nostra politica estera”.

Dopo di che il governo Scholz ha costantemente ripiegato su soluzioni nazionali in tutti i dossier che ha affrontato. Sull’economia, con un massiccio ricorso agli aiuti di Stato, fortemente liberalizzati dopo la pandemia. Sulla difesa, puntando sul rafforzamento di quella nazionale, piuttosto che sulla costruzione di quella europea – anche se in quel caso spinto anche dall’indisponibilità della Francia di fronte alla proposta tedesca di finanziare il deterrente nucleare francese nel quadro di una sua progressiva europeizzazione. Sul piano finanziario, con il rifiuto di rendere strutturale il debito comune e le rigidità sulla riforma del Patto di Stabilità del ministro delle finanze Lindner, il super-falco liberale che ha portato alla crisi della coalizione semaforo, alle elezioni anticipate, e alla sparizione del suo stesso partito che alle elezioni non è riuscito a superare la soglia di sbarramento per essere presente al Bundestag. E nessuna spinta significativa è venuta dalla Germania per avviare quella Convenzione costituente citata nel contratto di governo e proseguire nel processo di integrazione europea necessario oggi più che mai.

Allo stesso modo Merz ha esordito annunciando che dal suo governo sarebbero venute le iniziative e le politiche più europeiste della storia della Repubblica Federale Tedesca. Ha provato subito a rilanciare l’asse franco-tedesco e il triangolo di Weimar, includendo la Polonia per creare le condizioni per una nuova iniziativa volta a rilanciare il progetto europeo. Il tutto nell’ottica di promuovere “un’Europa più sovrana”.

Però in campagna elettorale si è schierato contro il debito comune, mentre ha agito per togliere il freno al debito tedesco dalla Costituzione, addirittura convocando il Parlamento uscente per un’ultima seduta, per poter disporre della maggioranza qualificata necessaria.

Aveva promesso di puntare sulla difesa europea, ma poi ha stanziato 1000 miliardi per la difesa tedesca, sfruttando la possibilità di attivare la clausola di salvaguardia per esentare le spese per la difesa dal Patto di Stabilità e Crescita. Il tutto nel quadro dell’impegno di rendere l’esercito tedesco il più forte d’Europa – una prospettiva che non entusiasma molti fuori dalla Germania – per prepararla al conflitto sistemico in corso a livello mondiale. Allo stesso tempo si oppone al debito comune per finanziare la difesa europea, nonostante l’accordo del Partito Popolare Europeo, di cui fa parte, su quella proposta.

Sulle migrazioni la sospensione temporanea di Schengen e il ripristino dei controlli alle frontiere hanno suscitato le proteste dei Paesi confinanti.

Sul piano economico agli iniziali richiami ai Rapporti di Letta e Draghi per il rafforzamento del mercato unico e della competitività europea, ha fatto seguito l’opposizione esplicita all’acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit, confermando la linea protezionista di Scholz. Nonostante l’antitrust tedesca avesse autorizzato Unicredit a rafforzare la propria posizione in Commerzbank, e il via libera all’acquisizione fosse arrivato anche dalla Banca Centrale Europea. Una scelta contraria ai principi di mercato di cui Merz è stato sostenitore per decenni, ed un tradimento sia dell’idea d’Europa che delle dottrine economiche dei conservatori tedeschi.

Peraltro, si tratta di una scelta nazionalista e protezionista a difesa di un settore finanziario tedesco inefficiente e sottodimensionato, che avrebbe bisogno di investimenti stranieri. Il tutto facilitato dal silenzio del governo italiano – in palese contraddizione con la retorica nazionalista che lo contraddistingue – a sua volta impegnato a ostacolare le mosse di Unicredit in Italia.

Chissà come reagirebbero il governo e l’opinione pubblica tedesca a parti inverse, se il Governo Meloni intervenisse contro una banca tedesca che cercasse di acquisire una banca italiana?

Merz aveva suscitato la speranza di una reale iniziativa tedesca per l’Europa, proprio come Scholz. La realtà per ora è lontana dalle promesse, proprio come Scholz. Ma dato che i problemi e le sfide fondamentali possono essere affrontati solo a livello europeo, questa contraddizione rischia di portare Merz a fare la fine politica di Scholz.