
Un soccorso di migranti da parte della ong francese Sos Mediterranee
Roma, 21 maggio 2025 – Tra le principali novità presentate dall’esecutivo di Bruxelles si rileva che il collegamento tra il richiedente asilo e il Paese terzo sicuro “non sarà più obbligatorio”, ma potrà essere stabilito dal diritto nazionale. Inoltre, il semplice transito del richiedente attraverso un Paese terzo sicuro prima di raggiungere l’UE potrà “essere considerato un criterio sufficiente per applicare il concetto”.
Secondo la vicepresidente esecutiva con delega alla Sovranità tecnologica, la Sicurezza e la Democrazia, Henna Virkkunen, questa proposta rappresenta “un obiettivo fondamentale del Patto su migrazione e asilo”, e fornisce agli Stati membri “gli strumenti per gestire le domande di asilo in modo più efficace, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e in stretta cooperazione con i nostri partner internazionali di fiducia”.
Il commissario per gli Affari interni, Magnus Brunner, ha ricordato che “garantire protezione a chi ne ha bisogno è una responsabilità globale, e l’UE svolge pienamente il suo ruolo in questo ambito”. Brunner ha aggiunto che gli Stati membri sono stati sottoposti a una “significativa pressione migratoria nell’ultimo decennio” e che il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo consente una gestione più efficace di tale pressione attraverso un sistema comune. “Il concetto rivisto di Paese terzo sicuro è uno strumento in più per trattare le domande di asilo in modo efficiente, nel pieno rispetto dei valori e dei diritti fondamentali dell’UE”, ha concluso.
Un nuovo “concetto” di Paese terzo sicuro
Il concetto di Paese terzo sicuro consente agli Stati membri di dichiarare inammissibile una domanda di asilo se il richiedente può ottenere protezione effettiva in un altro Paese terzo ritenuto sicuro. Attualmente, il diritto dell’UE impone alle autorità nazionali di dimostrare l’esistenza di un legame tra il richiedente e tale Paese.
La proposta della Commissione, che dà seguito all’obbligo di riesaminare il concetto entro giugno 2025 come previsto dal Patto su migrazione e asilo, mira a rendere più flessibile l’applicazione di questo strumento. Nella revisione, condotta alla luce del diritto internazionale e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, Bruxelles propone diverse modifiche.
La prima è che il legame tra richiedente e Paese terzo sicuro non sarà più obbligatorio: gli Stati membri potranno definire tale collegamento secondo le proprie normative nazionali. Anche il solo transito attraverso un Paese terzo potrà essere ritenuto un collegamento sufficiente. Inoltre, in assenza sia di un legame che di un transito, il concetto potrà essere applicato se esiste un accordo o un’intesa con un Paese terzo sicuro che garantisca l’esame della richiesta di protezione da parte di quest’ultimo. Questa opzione non sarà applicabile ai minori non accompagnati.
Per ridurre i ritardi procedurali e prevenire gli abusi, la Commissione propone anche che i ricorsi contro le decisioni di inammissibilità basate su questo concetto non abbiano effetto sospensivo automatico.
Gli Stati membri dovranno inoltre informare la Commissione e gli altri Paesi UE prima di concludere accordi o intese con Paesi terzi sicuri. Questo permetterà di verificare che tali intese rispettino i criteri stabiliti dal diritto dell’Unione.
Secondo le norme UE, un Paese terzo può essere considerato sicuro se garantisce: protezione contro il respingimento (non-refoulement), assenza di rischi di danni gravi o persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinione politica, e la possibilità effettiva di chiedere e ottenere protezione internazionale.
Le Ong accusano l’Ue di scaricare la responsabilità sui Paesi terzi
La nuova proposta potrebbe riscrivere silenziosamente il regolamento UE in materia di asilo. Le organizzazioni non governative hanno criticato duramente la proposta della Commissione, accusando l’UE di voler scaricare su Paesi terzi le proprie responsabilità in materia di protezione internazionale. “Queste proposte sono un altro cinico tentativo di eludere le responsabilità dell’Ue sulla protezione dei rifugiati, scaricandole su Paesi con meno risorse e poca capacità di offrire protezione durevole”, ha dichiarato Olivia Sundberg Diez di Amnesty International.
NEW: @EU_Commission ‘safe third country’ proposals cynical attempt to downgrade rights & offload responsibilities "The EU should invest in its own asylum systems & let people seeking asylum start rebuilding their lives," says @OliviaSundberg1 Read👇https://t.co/8ZpGzFpmSE
— Amnesty EU (@AmnestyEU) May 20, 2025
“Inviare persone in Paesi con cui non hanno alcun legame, sostegno e prospettive, o che potrebbero aver attraversato solo brevemente, non è solo caotico e arbitrario, ma anche devastante a livello umano”. Secondo Amnesty, inoltre, la proposta accresce “il rischio di respingimento”, in violazione del diritto internazionale.
La proposta è solo l’ultima di una serie di misure adottate dalla Commissione per inasprire le norme UE in materia d’asilo.
Ad aprile, la Commissione europea ha adottato un piano per designare sette Paesi – Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia – come Paesi di origine sicuri, aprendo la strada a procedure accelerate e a una maggiore possibilità di respingere le domande di asilo.
Solo un mese prima, aveva inoltre approvato nuove norme sul rimpatrio, con l’obiettivo di semplificare le procedure per il rientro nei Paesi di origine dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta. Le nuove disposizioni includono anche basi giuridiche per valutare l’uso dei cosiddetti “centri di rimpatrio”.
Tuttavia, secondo Susan Fratzke, analista senior delle politiche presso il Migration Policy Institute, intervistata da Euractiv.com, i nuovi emendamenti “non influenzeranno i piani degli Stati membri di creare hub di rimpatrio”. Come ha spiegato Fratzke, tali hub sono destinati a persone la cui domanda di asilo è già stata esaminata e respinta, e che sono dunque soggette a una procedura di rimpatrio.