Lunedì 14 Luglio 2025
Sara Bertolli – Euractiv
Europa

Il Parlamento UE approva la proroga del Recovery Fund al 2028

La misura ha riacceso il dibattito sul futuro della politica di coesione e ha diviso i partiti italiani, soprattutto sul possibile uso dei fondi per la difesa.

Il Vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme, Raffaele Fitto, interviene durante un dibattito sulla "Relazione sull’attuazione del Dispositivo per la ripresa e la resilienza" al Parlamento europeo a Strasburgo

Il Vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme, Raffaele Fitto, interviene durante un dibattito sulla "Relazione sull’attuazione del Dispositivo per la ripresa e la resilienza" al Parlamento europeo a Strasburgo

Il Parlamento europeo ha approvato il 18 giugno con una larga maggioranza la risoluzione che prolunga di altri 18 mesi la scadenza per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund, che sarebbe invece dovuta essere alla fine del 2026.

Con 421 voti a favore, 180 contrari e 55 astensioni gli eurodeputati hanno deciso di adottare la risoluzione sulla relazione sull’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, prevedendo quindi un’estensione dei fondi post-covid.

La ragione di questa scelta è il mancato utilizzo dei fondi da parte degli Stati membri, “alla fine del 2024, purtroppo, solo il 28% delle pietre miliari e degli obiettivi era stato pienamente realizzato” ha detto ieri nel dibattito in plenaria Victor Negrescu (S&D), rapporteur della relazione e Vicepresidente Parlamento europeo. Oltre 300 miliardi di euro devono ancora essere erogati.

Anche il vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega alla politica regionale e di coesione, Raffaele Fitto, ha sostenuto che “l’attuazione (del RFF) è ritardata”. “Complessivamente, il 51% del totale dei fondi impegnati del RRF deve ancora essere erogato e il 68% delle tappe e degli obiettivi devono ancora essere valutati come raggiunti, anche se gli Stati membri hanno già riferito che, di questi, il 20% è stato completato”.

Fra le “soluzioni pragmatiche” proposte ieri da Negrescu vi era, appunto, la proroga di 18 mesi per i progetti già avviati, un meccanismo di trasferimento dei progetti incompiuti su altri fondi europei – come il Fondo di coesione, InvestEU o il futuro Fondo per la competitività -, “criteri di valutazione chiari, oggettivi ed equi e una maggiore flessibilità nel processo di revisione dei piani nazionali”, ed, infine, un maggiore coinvolgimento da un lato della società civile e dei cittadini nella definizione dei progetti e dall’altro delle autorità locali e regionali.

Quest’ultimo punto è particolarmente delicato perché riguarda l’approccio che la Commissione intenderà adottare nella definizione della futura politica di coesione all’interno del prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP), la cui discussione è ancora in corso.

Il braccio di ferro tra Commissione, Stati membri e Comitato delle regioni

L’allocazione e la gestione dei fondi all’interno della politica di coesione 2028-2034 sono infatti al centro di un braccio di ferro fra Commissione, Stati membri e Comitato delle Regioni dal momento che la Commissione spinge per una maggiore centralizzazione dei fondi a livello nazionale, mentre i territori vogliono mantenere la propria centralità nella gestione dei progetti.

Anche Siegfried Mureşan (PPE), co-rapporteur della relazione, è dello stesso parere. Fra le criticità del Recovery Fund ha evidenziato, nel suo discorso di ieri (17 giugno) in plenaria, la mancanza di un coinvolgimento adeguato delle autorità regionali locali, “i governi nazionali non le hanno coinvolte adeguatamente”, ha affermato l’eurodeputato.

“Più si coinvolge il livello nazionale e regionale, più veloce è l’attuazione e più rilevanti sono i progetti vicini ai cittadini”.

La maggioranza di governo in Italia si divide ancora una volta

Ciò che ha spaccato il voto dei partiti italiani sulla risoluzione è stato il possibile utilizzo del RFF per le spese sulla difesa.

“I fondi del RRF potrebbero essere utilizzati anche per ottenere ulteriori importanti benefici per le priorità comuni dell’UE, tra cui la sicurezza e la difesa” ha detto Fitto ieri. “Una possibile opzione potrebbe essere quella di fornire contributi volontari al futuro programma dell’industria europea della difesa”.

La maggioranza di governo in Italia si spacca di nuovo su un tema cruciale come quello dei fondi per l’industria della difesa, con Forza Italia (PPE) e Fratelli d’Italia (ECR) che hanno votato a favore, mentre la Lega (PfE) si è astenuta. Hanno votato invece contro i Verdi (Greens/EFA) e Sinistra italiana (The Left/GUE), mentre il PD (S&D) ha votato a favore.