
LUIS DE GUINDOS JURADO VICEPRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA BCE
Nel 2024 la BCE ha continuato a procedere nel proprio ciclo di politica monetaria, che si è articolato in tre fasi distinte. La prima è stata una fase di inasprimento, in atto da luglio 2022 fino a settembre 2023, durante la quale i tassi di interesse hanno registrato un aumento record di 450 punti base. La seconda è stata una fase di mantenimento in cui i tassi sono rimasti costanti. Nella terza, la fase di allentamento iniziata a giugno 2024, la politica monetaria è divenuta gradualmente meno restrittiva.
Il periodo esaminato nel Rapporto rientra nelle ultime due fasi di tale ciclo. All’inizio del 2024 la BCE si trovava ancora nella fase di mantenimento, con il tasso sui depositi presso la banca centrale pari al 4 per cento.
In quel momento l’inflazione era già scesa di circa tre quarti rispetto al picco, collocandosi al 2,9 per cento, con proiezioni che indicavano un ritorno dell’inflazione all’obiettivo a medio termine del 2 per cento nel 2025 e, in effetti, a dicembre 2024 si è attestata al livello del 2,4%, con una riduzione pari a mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente.
In conseguenza, le aspettative di inflazione rimangono ancorate all’obiettivo del 2% della BCE, grazie anche alle diminuite pressioni sui costi interni, che sono passate dal 5,9% del 2023 al 2,9%, sia per un minor contributo del costo del lavoro per unità di prodotto che dei profitti unitari.
Il secondo punto centrale dell’analisi della BCE riguarda le prospettive di sviluppo. Nel 2024 il Pil reale dell’area euro è cresciuto moderatamente dello 0.9%, in leggera crescita rispetto al 2023, sostenuto da un’espansione contenuta all’1% dei consumi, mentre gli investimenti sono stati frenati dalle rigide condizioni di finanziamento imposte dalla BCE e da una domanda debole a seguito delle condizioni di elevata incertezza.
Anche le esportazioni sono rimaste deboli nonostante il rafforzamento della domanda estera, in parte per gli effetti ritardati del passato apprezzamento dell’euro e anche per l’impatto sui costi dei prezzi elevati dell’energia.
Come rilevato ampiamente nel Rapporto Draghi sulla competitività dell’economia europea, effetti negativi sulle potenzialità di crescita dell’economia europea sono conseguiti da un andamento della produttività sostanzialmente piatto, mentre la politica fiscale dell’area euro si è in generale irrigidita, con una graduale eliminazione delle misure di sostegno pubblico introdotte in risposta alla crisi energetica e all’elevata inflazione.
Le sfide della transizione energetica
Ma il Rapporto considera con accentuato interesse l’impatto della transizione energetica sulla produttività e, quindi, sulla crescita. Una riduzione delle emissioni capace di conseguire gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi del 2015 e scongiurare un riscaldamento globale più catastrofico richiede una profonda ed estesa trasformazione strutturale dell’economia.
È necessaria una riallocazione di capitale e manodopera sia tra i vari settori, sia all’interno degli stessi comparti e persino nell’ambito delle singole imprese (ad esempio, i costruttori di automobili dovranno riconvertire le fabbriche, passando dalla produzione di autoveicoli con motore a combustione a quella di veicoli elettrici alimentati da batterie). Il successo di tale riallocazione dipenderà dall’attuazione di politiche di transizione efficaci, dalla flessibilità dei mercati, in particolare dalla capacità dell’economia di finanziare e assorbire i consistenti investimenti di capitale necessari e dallo sviluppo di tecnologie a zero emissioni di anidride carbonica e dalla connessa disponibilità di manodopera qualificata per il loro utilizzo.
Nel 2024 l’attività economica mondiale ha continuato a evidenziare una buona tenuta, espandendosi a un ritmo moderato. Nel corso dell’anno l’incertezza è aumentata, raggiungendo livelli elevati, in un contesto di accresciute tensioni geopolitiche e di interrogativi riguardo alle politiche economiche, in particolare dopo le elezioni presidenziali statunitensi. Il commercio mondiale ha segnato una ripresa dopo il rallentamento del 2023, con un’anticipazione delle importazioni a fronte delle incertezze sul piano geopolitico e delle politiche commerciali.
Tre fasi della politica monetaria
Nel 2024 l’economia dell’area dell’euro si è rafforzata, in gran parte nella scia del positivo slancio della crescita mondiale e della tenuta del settore dei servizi, in un contesto di calo dell’inflazione complessiva. Allo stesso tempo, l’industria è rimasta debole, risentendo delle condizioni di finanziamento restrittive, degli elevati costi dell’energia e di altri input, delle carenze strutturali e di un alto grado di incertezza, in particolare legata agli effetti che possono conseguire dalla minacciata introduzione di elevati dazi da parte dell’amministrazione americana.
Previsioni sugli effetti di queste decisioni sono difficili, anche per gli andamenti ondivaghi che dominano le scelte della presidenza Trump. Ma, in generale, si può osservare che l’introduzione di dazi può generare uno shock da offerta, a seguito dell’aumento dei prezzi conseguente all’introduzione di una tassa sul valore delle importazioni. A questo aumento dei prezzi può seguire nel breve una contrazione della domanda, mentre un ulteriore impatto negativo sullo sviluppo può derivare dalle modificazioni nella catena degli approvvigionamenti legate alle distorsioni generate dai dazi sugli scambi commerciali.
A fronte di questo scenario incerto il vice-presidente della BCE Luis de Guindos, presentando il Rapporto alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, ha sottolineato il rilievo espansivo del programma di rilancio degli investimenti in Germania presentato dal nuovo governo tedesco e ha altresì rilevato che in altri paesi dell’area euro non esistono le medesime disponibilità di bilancio.
La necessità di beni pubblici europei e nuove risorse
Ne consegue che, in una situazione di incertezza legata alle scelte americane oltre che alle condizioni geo-politiche conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, un ruolo fondamentale deve essere giocato dalla produzione di beni pubblici europei, in particolare per garantire la sicurezza dell’Unione e per sostenere la transizione ecologica e digitale, finanziato dall’emissione di titoli pubblici europei che potrebbero favorire altresì la creazione di un safe asset per i paesi che cercano di uscire dalla dipendenza rispetto al dollaro, come la Cina e altri Stati del Sud del mondo.
Ma, anche in questo caso, dovranno essere messe a disposizione del bilancio le somme necessarie per il servizio del debito, attraverso la creazione di nuove risorse proprie, con i problemi legati alle difficoltà del meccanismo previsto dall’art. 311 del Trattato, che prevede l’approvazione all’unanimità in Consiglio e la ratifica secondo le rispettive procedure costituzionali in tutti i Paesi membri.