
Il presidente bulgaro Rumen Radev
Lunedì, Radev ha presentato la sua richiesta di referendum al Parlamento bulgaro, ma la presidente dell’Assemblea, Natalia Kiselova (Partito Socialista Bulgaro, PSE), l’ha respinta dichiarandola inammissibile. Questa decisione priva il presidente di ogni strumento legale per portare avanti l’iniziativa, compresa la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale.
“L’adesione all’Eurozona a partire dal 1° gennaio 2026 resta una priorità fondamentale per il governo”, ha sottolineato la ministra Petkova (GERB, PPE). “È cruciale perché ci permetterà di mantenere stabilità economica e finanziaria in un periodo di forti turbolenze geopolitiche”.
Martedì, la Commissione europea ha informato la Bulgaria di aver ricevuto una valutazione positiva del suo piano strutturale di bilancio a medio termine per il periodo 2025-2028. “È un’ottima notizia per la Bulgaria. Questa valutazione positiva significa che le nostre finanze pubbliche sono stabili e sostenibili”, ha aggiunto Petkova.
La proposta del Refendum
La scorsa settimana, il presidente Radev – spesso accusato dai critici di mantenere posizioni filo-russe – ha proposto a sorpresa un referendum nazionale per rinviare l’introduzione dell’euro, proprio a poche settimane dal via libera definitivo all’ingresso della Bulgaria nella moneta unica.
L’iniziativa del presidente ha scatenato una tempesta politica a Sofia, con numerose accuse di voler sfruttare le paure popolari sull’inflazione legata all’euro. I suoi detrattori lo accusano anche di ostacolare la piena integrazione europea della Bulgaria, facendo l’annuncio proprio il Giorno dell’Europa.
Dimitar Ganev, direttore esecutivo dell’agenzia di sondaggi Trend, ha dichiarato a Euractiv che circa il 60% dei bulgari è scettico sull’ingresso nell’Eurozona, a causa del timore di un aumento dei prezzi e delle preoccupazioni per i debiti dei Paesi occidentali.
I sondaggi mostrano che la maggior parte dei cittadini bulgari è passata da una visione positiva a una negativa dell’euro dopo la crisi del debito greco tra il 2009 e il 2011.