
e persone passano davanti a un edificio residenziale a più piani danneggiato a seguito di un attacco con droni a Kyiv il 25 maggio 2025, durante l'invasione russa in Ucraina
Quella che era iniziata come una soluzione d’emergenza per gli ucraini in fuga dalla guerra sta ora mettendo alla prova i limiti del diritto dell’Unione europea, con Bruxelles che sta cercando di trovare una via d’uscita da una direttiva nata per essere temporanea.
L’Unione europea sta, infatti, valutando i prossimi passi possibili sul quadro giuridico che attualmente protegge gli ucraini – la Direttiva sulla protezione temporanea (TPD) – con una proposta attesa per l’inizio di giugno.
Considerazioni sulla proroga della protezione temporanea
Quando l’UE ha attivato la TPD nel marzo 2022, si trattava di una soluzione temporanea: protezione immediata e collettiva per le persone in fuga dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. In origine, si riteneva che la direttiva permettesse solo due proroghe, limitando la protezione a tre anni fino a marzo 2025. La Commissione ha però esteso tale limite a marzo 2026, adottando un’interpretazione più flessibile.
Ora, nei corridoi di Bruxelles, le discussioni su “strategie di uscita” stanno guadagnando terreno, ha detto un diplomatico UE, citando il mutato panorama geopolitico. Secondo quanto appreso da Euractiv.com, sarebbe sul tavolo una proroga di un anno, potenzialmente accompagnata da una dichiarazione non legislativa degli Stati membri che delinei la graduale uscita dalla protezione. Gli Stati membri potrebbero affrontare la questione già il 12–13 giugno durante il Consiglio Giustizia e Affari interni, dove è previsto che discutano la questione.
Una possibile ultima proroga
La maggior parte degli Stati membri sostiene un rinnovo, ma gli esperti avvertono che vi sarebbe poco margine legale per ulteriori prolungamenti. “Siamo già su un ghiaccio sottile con l’ultima proroga”, ha detto Martin Wagner, consulente politico senior presso il Centro Internazionale per lo Sviluppo delle Politiche migratorie. Secondo l’esperto, attenendosi alla direttiva dopo tre anni tale sistema sarebbe dovuto terminare. Tuttavia, dato che si agito su questo fronte “serve una vera discussione sulle alternative e su come uscire dalla protezione temporanea in un modo o nell’altro”, ha aggiunto Wagner.
Senza una via d’uscita chiara, la TPD potrebbe ritorcersi contro, ha detto un altro diplomatico dell’UE. “Se non offriamo un’opzione per uscire dalla protezione, rischiamo di sovraccaricare i sistemi di asilo nazionali, esattamente ciò che la TPD era destinata a evitare”.
Progettazione di una strategia di uscita
L’UE deve ora progettare una strategia per passare dalla protezione temporanea, sia per coloro che desiderano restare sia per coloro che vogliono tornare, ha detto Wagner. “Dev’esserci qualche tipo di guida da parte della Commissione e del Consiglio per aiutare gli Stati membri a gestire questo passaggio”.
Uno scenario potrebbe essere anche il restringimento dell’ambito della protezione. Questo potrebbe significare escludere le persone che sono rientrate permanentemente in Ucraina dal poter rientrare nel regime mesi dopo, o impedire ai nuovi arrivati di beneficiarne secondo le regole attuali.
Un’altra opzione sul tavolo è semplicemente non fare nulla, ma questo è rischioso, e gli esperti avvertono che potrebbe avere un costo elevato. “Abbiamo guardato a quanti beneficiari della TPD sono attualmente nell’UE e poi a cosa significherebbe se il 25% o il 50% di loro restasse”, ha osservato.
Confrontando questi numeri con quanti richiedenti gli Stati membri possono realisticamente gestire e con quanti permessi possono rilasciare ogni anno, “l’onere sarebbe incredibile”, ha detto Wagner. In alcuni casi, ha affermato, i numeri sarebbero “più volte superiori a quelli che i Paesi di solito gestiscono”.
Creare un nuovo strumento giuridico del tutto nuovo, sebbene considerato improbabile, è un’altra alternativa. L’idea è stata proposta per la prima volta da Lodewijk Asscher, ex ministro olandese e consigliere speciale per l’Ucraina presso la Commissione, che ha proposto un cosiddetto “permesso di ricostruzione” e che prevede la concessione di una residenza temporanea per un massimo di 10 anni.
Ogni opzione, tuttavia – che si tratti di restringere l’ambito o di introdurre un nuovo strumento, vincolante o non vincolante – comporta una propria serie di complicazioni. “Non sarà facile”, ha detto Wagner. “Alla fine, dovremo chiederci: cosa succede dopo la protezione temporanea? Non si può evitare”, ha osservato.