Elezioni Usa, "Joe tratterà meglio Italia e Europa. Ma sui dazi non cambierà quasi nulla"

Erik Jones (Johns Hopkins): "Il Senato a trazione repubblicana non lascia spazi di manovra. Riprenderà il dialogo con l’Iran, rapporti tesi con la Cina"

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Cambieranno i toni, ma non la sostanza. Se Joe Biden dovesse diventare il prossimo presidente americano, molte delle posizioni assunte (e spesso criticate) durante l’amministrazione Trump verranno confermate o solo leggermente modificate. Per Erik Jones, docente di Studi europei alla Johns Hopkins University, chi si aspetta un’inversione radicale resterà deluso. "Le relazioni transatlantiche dipendono molto di più dai movimenti sociali che dai presidenti. E America ed Europa stanno prendendo due direzioni diverse".

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Professore, i dazi imposti da Trump resteranno?

"Qualche cosa cambierà, ma non torneremo ai tempi di Clinton e Obama. Con un Senato a trazione repubblicana, la politica commerciale difficilmente prenderà un’altra strada".

Anche sulla lotta ai cambiamenti climatici la posizione dell’America non mutuerà?

"Il tono non sarà più quello brutale utilizzato da Trump e le relazioni transatlantiche saranno più calme rispetto agli anni passati. Ma per rientrare negli accordi di Parigi, servirà sempre l’ok della Camera alta. Inoltre l’America ha un grosso problema: il fracking, la tecnica con cui si estrae petrolio attraverso la fratturazione idraulica, non ha dato i risultati sperati. Moltissime aziende che hanno investito in questo settore stanno fallendo e in qualche modo andranno salvate. Ci sarà una politica molto generosa verso i produttori di petrolio".

La battaglia al Coronavirus avrà un approccio più globale?

"Sì, perché gli scienziati americani appoggiano Biden. Le conoscenze e le scoperte verranno condivise con gli alleati e con la Cina. Il Covid-19 non sarà l’ultima pandemia che dovremo affrontare e in futuro sarà importante individuare e risolvere le nuove emergenze il prima possibile, ovunque si manifestino".

A proposito della Cina, come potrebbero cambiare i rapporti con Pechino?

"Resteranno tesi, perché la Cina è diventata più forte e la fiducia reciproca si è indebolita. Pechino e Washington non si vedono come partner, ma come concorrenti. Tutti e due i Paesi vogliono prevalere. Il protezionismo Usa nei confronti della Cina continuerà anche nei prossimi anni".

E con la Russia?

"I rapporti personali tra Trump e Putin erano strettissimi. Con Biden sarà diverso. Il candidato democratico ha lavorato molto per risolvere la crisi ucraina e continuerà a farlo. Inoltre c’è il problema legato al cyber-spionaggio russo. Con l’aiuto di un Senato repubblicano, Biden dovrà cercare un modo per impedire che non ci siano più elezioni come quella del 2016, delegittimate da un intervento esterno".

I legami all’interno della Nato diventeranno più forti?

"Ci saranno toni più distesi, ma l’America continuerà a chiedere all’Europa di spendere di più, per arrivare ad avere una politica di sicurezza più robusta".

E con l’Italia che tipo di relazione ci sarà?

"In generale i rapporti verso l’Europa saranno più amichevoli. Gli Usa hanno voglia di lavorare con l’Italia. Questo non vuol dire che non ci saranno problemi. Il nodo delle tasse sul commercio e Internet resta da risolvere".

Biden potrebbe firmare un nuovo accordo nucleare con l’Iran?

"Se il Senato sarà d’accordo, proveranno a resuscitare gli accordi presi da Obama".

Ci saranno altri summit con il presidente della Corea del Nord?

"Il giochino degli incontri con Kim finirà. Il dittatore nordcoreano ha dimostrato di non essere un leader attendibile: la politica seguita da Trump non ha ottenuto nulla da lui. Si tornerà all’antico, con l’obiettivo di contenere le ambizioni nucleari di Pyongyang".

E per quanto riguarda la lotta al terrorismo?

"Ci sarà molta più cooperazione con gli alleati. In Europa, come dimostrano i recenti attentati in Austria e Francia, la situazione è critica. Anche l’America è preoccupata".

All’Onu cosa succederà?

"Il multilateralismo tornerà di moda".