Elezioni Turchia 2023, stavolta Erdogan rischia. “Il peso decisivo di crisi e sisma”

L’analista Berk Esen: probabile un testa a testa, ma il candidato dell’opposizione guida un’alleanza eterogenea. "Milioni di persone soffrono ancora per il terremoto. Governo responsabile della grave situazione economica"

Un’immagine del terremoto che tra il 5 e il 6 febbraio scorso ha devastato il sud della Turchia e il nord della Siria

Un’immagine del terremoto che tra il 5 e il 6 febbraio scorso ha devastato il sud della Turchia e il nord della Siria

Istanbul, 24 aprile 2023 – Se continua così, il prossimo 14 maggio fra il presidente uscente, Recep Tayyip Erdogan, che guida la Turchia da oltre 20 anni, e il suo sfidante principale, Kemal Kilicdaroglu, sarà testa a testa, con una caccia all’ultimo voto. La Mezzaluna si avvicina al voto per il rinnovo del Parlamento e la scelta del nuovo capo dello Stato più importante di sempre. Berk Esen, professore di Scienze politiche alla Sabanci University di Istanbul, ha spiegato che, complice anche la fine del Ramadan, le prossime settimane di campagna elettorale potrebbero essere particolarmente intense, con Erdogan che per la prima volta sente il fiato sul collo.

Professor Esen, i sondaggi di questi giorni vedono il leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, avanti di diversi punti rispetto al presidente uscente, Recep Tayyip Erdogan. Quanto è credibile questo ribaltamento della situazione?

"Non ritengo si tratti di sondaggi realistici. Ci sono ricerche di un altro paio di società solitamente molto attendibili che stanno girando ed entrambe danno i due principali contendenti testa e testa. Certo, che Kilicdaroglu possa contendere la presidenza a Erdogan è già un dato importante e per il presidente è una grossa preoccupazione".

Insomma per capire chi vincerà è ancora presto…

"Assolutamente. C’è ancora un mese di campagna elettorale e sarà molto intenso per due motivi, non solo il rush finale, ma anche il fatto che quasi la metà della corsa al voto è stata occupata dal mese sacro del Ramadan, quando, dato il periodo, i toni sono più soft. Dai numeri dei sondaggi, poi, è quasi certo che le elezioni per il presidente della Repubblica andranno al secondo turno".

Che cosa si gioca Erdogan?

"Se perde questa volta, per lui sarà molto difficile tornare al potere, rappresenterà praticamente la fine di un’era del Paese, la sua e del suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, l’Akp. Questo perché il primo provvedimento promesso dall’opposizione in caso di vittoria è il ritorno al sistema parlamentare al posto di quello presidenziale adottato nel 2017".

Da che cosa verrà deciso il voto?

"Ci sono senza dubbio due fattori determinanti. Il primo è la situazione economica del Paese, della quale Erdogan viene visto come il principale responsabile, a causa dell’inflazione molto alta e del cambio sulla valuta straniera che è alle stelle da mesi. Per il presidente, la situazione economica fiorente del Paese è sempre stata un fiore all’occhiello, stavolta è un’arma elettorale importante che viene a mancargli. C’è poi il terremoto dello scorso 6 febbraio che ha letteralmente stravolto il Paese. Le persone che ne soffrono le conseguenze a diverso livello sono milioni".

Tutto sembrerebbe remare a favore di Kilicdaroglu, che però è alla testa di una coalizione di partiti molto diversi fra loro…

"Per Kilicdaroglu non sarà affatto facile. Dovrà rassicurare i mercati sulla situazione economica, garantire la stabilità degli indicatori macroeconomici. Non dimentichiamo poi la politica estera, che è stata condotta dallo stesso leader per oltre 20 anni e spesso in modo personale, soprattutto con leader come Vladimir Putin. Non è ancora chiaro come l’opposizione potrà intervenire su questa situazione".

Erdogan farà di tutto per non perdere. Ma se dovesse succedere, che cosa crede che succederà nel Paese?

"Non penso a scenari particolarmente violenti. Se invece Erdogan dovesse vincere, tutto dipenderà dalla trasparenza con la quale si svolgono le operazioni di voto. Se dovessero venire denunciati brogli in modo massiccio, allora una parte della popolazione potrebbe scendere in piazza".