Giovedì 25 Aprile 2024

Elezioni Russia, Putin verso la rielezione. Incognita astensionismo

Domani le elezioni presidenziali russe. Otto candidati, ma tutti i sondaggi danno per scontata la rielezione di Vladimir Putin. Una scarsa affluenza al voto potrebbe indebolire il presidente, che teoricamente è al suo ultimo mandato

 Vladimir Putin (Ansa)

Vladimir Putin (Ansa)

Roma, 17 marzo 2018 - Solo il fantasma di Putin può battere Putin. Le elezioni presidenziali in Russia - le urne si apriranno domani e solo se nessun candidato avrà la maggioranza assoluta si andrà al secondo turno l'8 aprile - sembrano avere un esito scontato e la crisi internazionale con la Gran Bretagna e l’Occidente, rafforzando il ruolo di Putin difensore della Russia assediata, non fa che rassodare un esito previsto. Putin contro tutti significa Putin contro nessuno, perché i candidati che la commissione elettorale ha ammesso sono o improbabili o candidati “gialli”, funzionali a garantire una parvenza di pluralismo ma in realtà gravitanti nell’orbita di Putin, o vecchi cavalli senza più fiato, o assolutamente marginali.

“Oltre a Putin - spiega un report dell’Ispi, l’istituti per gli studi politici internazionali -  domenica si sfideranno sette contendenti. Il principale partito d’opposizione, il Partito comunista della Federazione Russa (Kprf), candida l’agronomo Pavel Grudinin, il quale sostituisce l'eterno sfidante comunista, Gennadij Zjuganov. Tra gli altri candidati ci sono i “soliti noti” che sfidano Putin ormai da anni: Vladimir Zhirinovskij, a dispetto del nome del suo partito liberal-democratico, è un candidato populista e nazionalista che promette di “rendere di nuovo grande la Russia”, pur essendosi presentato per ben cinque volte senza successo (nel 1991, 1996, 2000, 2008 e 2012); Grigorij Yavlinskij (Jabloko), un esperto economico liberale critico di Putin, già presentatosi alle elezioni del 2000 ottenendo circa il 6% dei voti, soprattutto da elettori liberali di età medio-alta residenti nelle grandi città russe; infine Sergej Baburin (Fronte popolare di tutta la Russia) è un candidato nazionalista che ha svolto un ruolo di primo piano nella politica russa negli anni '90, opponendosi alla disgregazione dell'Unione Sovietica del 1991 e diventando uno dei leader di una ribellione parlamentare contro l’allora presidente Boris Eltsin nel 1993”.

"Tra i volti nuovi di queste elezioni - prosegue l’Ispi - figurano invece Boris Titov (Partito della crescita), che sostiene la creazione di un ambiente più favorevole agli investimenti e Ksenija Sobchak, (Iniziativa civile) una mondana conduttrice televisiva di 36 anni, figlia del mentore di Putin Anatolij Sobchak, il defunto sindaco riformista di San Pietroburgo. La candidata si presenta come un’alternativa all’establishment politico, con il suo slogan “None of the Above” (tradotto sommariamente, “nessuno dei precedenti”, e allo stesso tempo “nessuno di coloro che sono in alto”). Sebbene Sobchak sia polemica nei confronti del Cremlino, ha però evitato cautamente di profondersi in critiche dirette esplicitamente a Putin. Alcuni osservatori elettorali ritengono che il coinvolgimento di Sobchak potrebbe contribuire a combattere l'apatia degli elettori e ad aumentare l'affluenza alle urne, rendendo quasi paradossalmente la vittoria di Putin ancora più credibile".

"Un’altra novità - continua Ispi - è la candidatura di Maxim Surajkin con i Comunisti di Russia (KR), un partito marxista-leninista creato nel 2012, noto per le sue posizioni estreme come il sostegno al ripristino della pena di morte. Il Partito Comunista della Federazione Russa ha descritto i Comunisti di Russia come un “partito spoiler”, un “partito di disturbo”, cioè un partito che sceglie un nome simile a uno di quelli già esistenti al fine di sottrarne i voti”.

Chi manca sono oppositori veri, credibili, con un base popolare. Ma gli oppositori o sono stati dieci anni in galera come l’oligarca Mikhail Khodorkovski, o sono morti come Boris Nemtsov, l’avvocato Sergei Magnitsky, il magnate Boris Berezovsky, l’attivista Natalia Estemirova, o sono stati esclusi dalla competizione come l’avvocato, blogger e attivista dei diritti umani Aleksej Navalnyj.

Già, Navalnyj. Era lui il vero avversario di Putin. Ex dirigente di Jabloko poi entrato in contrasto con Javlinskij ha dato vita a un blog attorno al quale si sono aggregati molti oppositori di Putin, del quale è stato critico spietato. Dal 2011 ha organizzato manifestazioni di piazza, che hanno preoccupato Putin specialemnte dopo le presidenziali del 2012 e sono poi proseguite _ mnoniostante la repressione di polizia e giudiziaria _ con una intensificazione nel 2017 che ha visto una mobilitazione in molte città dei sostenitori di Navalnyj. Il blogger è stato per questo perseguitato come molti dei suoi suoi supporter, ha avuto una raffica di arresti e varie condanne per la sua attività di oppositore politico. Va detto che Navalnyj  è stato anche condannato per una (assai presunta) attività di corruzione che nel 2013 a Kirov portò a una condanna a cinque anni per corruzione che la Corte Europea per i Diritti dell’uomo stigmatizzò affermando che a Navlnyj fu negato il diritto ad un giusto processo. Sulla base di quella condanna la Commissione elettorale e poi la Corte Suprema russa negarono a Navalyj il diritto a partecipare alle presidenziali. Che sono cosìmonche dell'avverasrio di maggior spicco di Putin. Il che non significa certo che Navalnyj avrebbe battuto Putin, ma nelle grandi città avrebbe probabilmente raggiunto le due cifre, forse addirittura attorno al 20-30%, e nel paese avrebbe probabilmente raccolto cifre ben oltre il 10%, tali da porlo come primo avversario. Ma proprio per questo Navalnyj non ci sarà.

I sondaggi concordano che Putin sarà certamente vincitore. “Il Centro russo di ricerca sull'opinione pubblica (VTsIOM) – il più antico istituto sondaggistico nella Russia post-sovietica, attualmente finanziato dal Cremlino – ha pubblicato una ricerca all'inizio di febbraio _ osserva l’ISPI - secondo cui il 71,4% dei russi ha manifestato l’intenzione di votare per Putin. A una distanza siderale dal Presidente, Grudinin è arrivato secondo con il 6,9% delle preferenze, mentre Zhirinovskij terzo con il 5,7%. Il supporto per il resto dei candidati era circa dell'1% per ciascuno di essi, o in alcuni casi anche meno. Nel considerare queste percentuali, è tuttavia necessario sottolineare che, nel clima di crescente censura politica che attraversa la Russia, l’affidabilità delle fonti deve essere considerata con le dovute cautele. Ad esempio, il Levada Center – la più grande organizzazione indipendente dei sondaggi russi – si è astenuto dal pubblicare nuovi sondaggi durante il periodo elettorale (tra dicembre 2017 e marzo 2018), alla luce della decisione nel 2016 del Ministero della Giustizia russo di etichettare il centro come "agente straniero", ovvero un’organizzazione che riceve finanziamenti dall'estero. Dal 2014, infatti, a tutti gli “agenti stranieri” in Russia è stato vietato di lavorare con singoli candidati e di "partecipare a campagne elettorali". Da notare che l’ultimo sondaggio del Levada center, ad inizio dicembre, dava Putin al 61%, in netta crescita rispetto al 53% del mese precedente. L’ultimo sondaggio del 9 marzo, condotto dal VTsIOM, dava Putin al 69%, Grudinin al 7%, Zhirinovski al 5%, Sobchak al 2%, Yablinsky e Baburin all’1%.

Ma la vera insidia per Putin non sono  i “sette nani” ma la sua stessa ombra. Il rischio vero è l’astensionismo. La società russa – che pure supporta largamente Putin _ è molto critica con i partiti in generale, compresa Russia Unita, il partito del presidente, e potrebbe disertare il voto come si è visto nelle elezioni poltiche del 2016, quando alle urne andò appena il 48%. A dicembre il Levada Centre stimava l’affluenza attorno al 52-54% con solo il 40% nelle grandi città come Mosca e San Pietroburgo, mente i filogovernativi del VTsIOM a febbraio prevedevano un trionfale 81,7%. Si vedrà, ma l'incubo di Putin è essere vincente nelle urne ma trovarsi con solo poco più della metà degli elettori russi che ha deciso di dargli fiducia e gli altri a fare quella che è probabilmente la più efficace forma di opposizione possibile in queste condizioni: non partecipare alle elezioni. E il non voto di massa sarebbe quello che lo indebolirebbe.