C’è un fronte di guerra che non arriva nelle nostre case con le immagini tv, dove non si spara ma si ascolta nel buio della notte, nei cieli a migliaia di chilometri di altezza o si scattano immagini satellitari di giorno dietro la copertura di immense montagne di nubi. È lo scenario nel quale si muovono gli spioni tecnologici, sempre più protagonisti del conflitto russo-ucraino. Tutti sanno, tutti conoscono forza e limiti dell’avversario: i russi mettono in conto che l’intelligence Usa abbia un ruolo fondamentale nell’aiuto agli ucraini verso obiettivi privilegiati, ma insistono nel dire che è una provocazione da punire. Il Pentagono, dopo un articolo del New York Times, nega, respinge le accuse di aver fornito "informazioni specifiche" per consentire all’esercito di Kiev di affondare l’incrociatore Moskva o uccidere i 12 generaloni spediti al fronte da Putin. La politica, si sa, è ipocrita anche quando ci sono bombe, morti e distruzione. "Il ping pong delle accuse è comprensibile in questi casi – dice l’analista Pierluigi Barberini, responsabile del desk sicurezza del Centro studi internazionali – perchè pesa una forte valenza politica internazionale sullo scacchiere bellico". Gli ucraini fanno molto da soli, ma hanno come alleati i sofisticati sistemi di intelligence Usa. Gli spioni tecnologici più efficienti per ora sono i droni GlobalHawk che decollano dalla base siciliana di Sigonella. Qui sono installati in base al programma Nato Ags (Alliance ground surveillance). Nella base italiana ne sono disponibili almeno 5, ma pare che recentemente ne siano stati installati altri in Europa. Tengono costantemente sotto controllo le aree sensibili di Polonia e Romania, sorvolano il Mar Nero in acque internazionali, lambiscono i confini della Bielorussia, controllano le zone del Donbass senza mai sconfinare. Da lassù trasmettono foto, informazioni, ascoltano comunicazioni che vengono elaborate e confrontate a terra dagli ucraini. Sono gioielli ...
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