Draghi: "Putin non è più Golia, trattiamo. Tavolo di pace Usa-Russia"

Nel suo secondo giorno a Washington il premier insiste sui negoziati. "La posizione dell’Europa sta cambiando"

Mario Draghi, 74 anni, con la speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, 82 anni

Mario Draghi, 74 anni, con la speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, 82 anni

Se qualcuno pensava che Draghi sarebbe andato a Washington a dare a Biden un sostegno incondizionato per una guerra globale, si sbagliava di grosso. La strategia che il premier delinea con il tono di chi parla più a nome della Ue che dell’Italia, quando incontra i giornalisti, è diversa da quella tratteggiata finora dalla Casa Bianca. Lo ammette lui stesso: "Le visioni europee non sono in contrasto con gli Usa, ma stanno cambiando". Ventiquattro ore dopo il colloquio con il presidente americano, super Mario dice con chiarezza che è arrivato il momento di negoziare la pace, naturalmente senza imposizioni altrimenti "si trasformerebbe in un disastro". È mutato il quadro, muta la cornice: "Inizialmente era una guerra in cui si pensava ci fosse un Golia e un Davide, oggi il panorama si è capovolto, non c’è più un Golia. La Russia sul campo non si è dimostrata invincibile". Parte da qui per rilanciare l’idea della trattativa: quando Putin mi disse al telefono che era presto, era in vantaggio – scandisce – ora non lo è più. Urge aprire un tavolo a cui tutti devono sedersi, pure Biden l’unico, par di capire tra le righe, che può spingere Mosca al negoziato. "Siamo tutti tentati di non sederci con Putin al G20, ma significherebbe abbandonare il resto del mondo".

A definire i contorni della pace, e dunque a sancire cosa si intende per vittoria, deve essere il presidente ucraino Zelensky. Lo ripete tre volte in conferenza stampa, prima di andare a Capitol Hill per incontrare la speaker della Camera Nancy Pelosi: sicuramente non spetta allo Zar ma – precisazione che piace molto qui da noi – non sono neppure gli Stati Uniti o la Nato a poterlo fare. A disegnarne cioè il perimetro e la durata.

Un primo passo per il dialogo potrebbe essere la riapertura dei porti sul mar Nero, via di transito del grano: il blocco crea la grande emergenza alimentare che rischia di provocare altri profughi, altre migrazioni. Naturalmente la fine della partita non può essere liberarsi di Putin: sulla falsariga del presidente francese Macron, anche Draghi non punta all’umiliazione del leader russo: è il negoziato l’obiettivo, in cui la parte principale è dell’Ucraina che sarà aiutata ancora accogliendo i rifugiati per cui l’Italia ha stanziato un miliardo e 800 milioni. Raccontano sia stato netto con Biden, rappresentandogli quanto sia costoso in termini economici e di tenuta dell’opinione pubblica se la guerra si protraesse. Preoccupato sì, ma senza drammatizzare. Ripete che l’Italia non è in recessione, ma i costi dell’energia sono un punto dolente: "Ho ricordato a Biden il tema della di mettere un tetto al prezzo del gas, ipotesi accolta con favore, anche se l’amministrazione Usa sta riflettendo più su un tetto al prezzo petrolio". Un’idea, quella del price cap, che stenta a farsi strada a Bruxelles: sarà uno dei temi del consiglio europeo di fine maggio. Mentre sul greggio, che sta a cuore all’alleato americano, la strada preferibile è "persuadere l’Opec ad aumentare la produzione". Infine, svela che le aziende europee pagheranno in rubli, rispettando le nuove condizioni imposte dalla Russia. "Non ci sono pronunciamenti ufficiali su cosa significhi violare le sanzioni, se i pagamenti di gas in rubli violino le sanzioni o no: è una zona grigia. Sono che l’Italia salderà il debito senza violarle".

I suoi obiettivi sono chiari: se basteranno a soddisfare i mal di pancia ’italiani’ si vedrà. Draghi è consapevole delle insidie che lo attendono al rientro, quando si presenterà in Parlamento per un’informativa – non il semplice question time annunciato – che non finirà con un voto. "Stiamo fornendo supporto militare all’Ucraina – racconta Draghi a Pelosi e ai leader dei gruppi politici del congresso Usa – una decisione che ha avuto ampio supporto dal nostro Parlamento". Tira dritto:è in arrivo il terzo decreto interministeriale che ne fornirà altre, senza bisogno di passare per le Camere. Ecco perché Conte tiene il punto sulle armi: "Non è irrituale chiedere conto al premier". Come lui, Salvini, strizza l’occhio a pacifismo e anti-americanismo.