"Foto schiaviste". Via la direttrice di Vogue Brasile

Bufera sulla responsabile dell’edizione brasiliana: "Party coloniale? Fa male al Paese"

Donata Meirelles, direttrice dell'edizione brasiliana della rivista 'Vogue' (Dire)

Donata Meirelles, direttrice dell'edizione brasiliana della rivista 'Vogue' (Dire)

Rio de Janeiro, 16 febbraio 2019 - Una signore bianca seduta su un trono circondata da quattro donne nere. È l’immagine dello scandalo che in Brasile ha costretto alle dimissioni Donata Meirelles, direttrice style dell’edizione locale di Vogue. Era la foto della festa del suo cinquantesimo compleanno tenutasi qualche giorno fa nello stato di Bahia. È stata letta come un richiamo al colonialismo e alla schiavitù nella nazione che nel 1888 è stata l’ultima ad abolirla.

Dopo l'elezione a presidente del conservatore Jair Bolsonaro, secondo il quale "la popolazione africana non serve nemmeno a procreare", il Brasile ha definitivamente smesso di essere lo spazio simbolico per codificare il multiculturalismo. E lo sguardo di paternalismo eurocentrico con cui si è sempre guardato alla culla, assieme all’Africa, del candomblé si è fatto più attento.   La bufera sulla Meirelles, non pianificata, è stata quindi travolgente. Secondo il quotidiano Folha de Sao Paulo i vestiti delle donne che circondano Meirelles sono troppo simili alle uniformi che venivano indossate dalle domestiche nel periodo della schiavitù. Inoltre la sedia-trono ricorda la ‘cadeira de sinhá’, utilizzata proprio dai padroni degli schiavi. Martedì la rivista ha espresso il dispiacere per quanto accaduto, augurandosi che il dibattito serva a qualcosa. La famosa cantante brasiliana Elza Soares ha scritto su Instagram: "Pensa a quanto puoi fare del male alle persone, ai loro ricordi, alle condizioni della loro gente, quando scegli un tema per ‘vivacizzare’ un momento felice della tua vita". E la Meirelles prima di togliere il disturbo ha voluto precisare che il trono era una sedia candomblé e i vestiti semplici abiti da festa di Bahia. Per chi non se ne fosse ancora accorto, il Brasile non è il paese del mulatto Pedro Achanjo che nella ‘Bottega dei miracoli’ di Jorge Amado magnificava l’incontro felice tra natura e cultura, valzer e batuque, bianco e nero. Le radici del melting pot non nascono da un incontro appagante ma dalla sopraffazione.   L'atlante della violenza segnala un "vero e proprio genocidio della popolazione nera", condotta al ritmo di un giovane di colore ucciso ogni 23 minuti. È in questo clima che si è compiuta l’involontaria gaffe della direttrice di Vogue, peraltro non la prima e non la sola ad avere sbagliato fotografia. Celebre è lo scivolone degli spot pubblicitari di Dolce&Gabbana in Cina, dove sotto il claim "è troppo grande per te" una ragazza affrontava pizza, pasta e cannoli siciliani con le bacchette.   Google ha fatto di peggio catalogando come "gorilla" una coppia di colore, spiegando poi che il software non ci vede bene. E per un servizio fotografico è finita nella bufera e accusata di "razzismo puro, umiliazione e oppressione" Dasha Zhukova, ex moglie di Roman Abramovich. Gli scatti la ritraevano in camicetta e jeans comodamente appoggiata su una sedia umana, una donna di colore con un corpo scultoreo e stivali alti in pelle nera. Gli intenditori sapevano che la sedia è esposta anche alla Tate Gallery di Londra e porta la firma dell’artista pop Allen Jones, ma fallo capire a tutti gli altri.