Roma, 6 giugno 2025 – Se l’Europa vuole difendersi dalla Russia, deve armarsi; ma serve anche un maggiore coordinamento fra i singoli Stati. Vincenzo Camporini, generale ed ex capo di Stato Maggiore della Difesa, indica la roadmap da seguire per difenderci in modo efficace.
Generale Camporini, alcuni analisti credono che questo riarmo europeo in realtà provocherà la Russia e la spingerà ad attaccarci. È d’accordo con questa lettura?
“No. Al contrario, più ci armiamo, meno appetibile sarà per la Russia qualsiasi volontà ostile nei confronti dei nostri Paesi. È il vecchio concetto della deterrenza. Oggi siamo in una situazione di sostanziale debolezza per tutto ciò che è accaduto dopo la fine della Guerra Fredda, con lo smantellamento degli strumenti militari occidentali. Il famoso dividendo della pace per il quale, faccio un esempio classico, il British Army, considerato uno degli elementi di punta della capacità difensiva militare di un Paese occidentale, oggi è ridotto a poco più di 70.000 unità. Perché? Perché si è deciso di ridurre gli strumenti militari. Riportarli in una situazione in cui chiunque abbia intenzioni malevole pagherà un prezzo molto alto riduce la possibilità che ciò avvenga”.

Al netto della variabile economica, quali sarebbero i primi passi da compiere per un riarmo europeo?
“Per prima cosa serve un progetto organico. Ogni Paese è responsabile della costruzione del proprio strumento militare, ma deve essere coerente con quello degli altri, altrimenti si rischiano grandi duplicazioni e grandi lacune. Ci vorrebbe invece un piano secondo cui ogni Paese si impegna a costruire un “mattone” della difesa comune. Questo deve ancora essere fatto”.

Come lo si organizza?
“Si fa come in ambito Nato: c’è una pianificazione su base biennale. Si rivedono le esigenze, si stabilisce chi fornisce cosa, e si suggerisce ai singoli Paesi cosa debbano acquistare”.
Poi però ci sarebbe il problema di chi comanda.
“Non è una grossa difficoltà. Lo si fa in modo simile a quanto avviene nella Nato. Tra l’altro, in un accordo chiamato Berlin Plus del 2023, il comando stesso della Nato può essere messo a disposizione dell’Unione Europea per operazioni europee. Ha già funzionato in passato e rappresenta una copertura in assenza di un comando organico europeo. Può anche esserci un comando nazionale a rotazione: per una specifica operazione, si prende un comando nazionale e lo si rafforza con personale proveniente da altri Paesi. Ci sono stati esempi nel passato che hanno funzionato benissimo”.
Parliamo di tempi: quanto ci vuole per avere un esercito europeo?
“Per mettere su un esercito europeo dove tutti indossano la stessa divisa, con gli stessi metodi di reclutamento e organizzazione, ci vorranno trent’anni.
Se invece parliamo di una capacità operativa delle forze dei singoli Paesi, che possano offrire congiuntamente un servizio di difesa collettiva, come dicevo prima, non serve molto tempo. Il vero tema è l’organo politico che decide le operazioni”.