Lunedì 28 Aprile 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Dazi, il sinologo: “La Cina è preparata: non arretra e punta sul mercato interno”

Il professor Sisci: “Il popolo sa stringere la cinghia e manca la libertà di stampa, passa la narrazione di regime”

Guerra di dazi: il presidente statunitense Donald Trump sfida quello cinese Xi Jinping (Ansa)

Guerra di dazi: il presidente statunitense Donald Trump sfida quello cinese Xi Jinping (Ansa)

Roma, 10 aprile 2025 - Lotta tra superpotenze. Una delle due ha lanciato il guanto di sfida senza tenere conto che l’altra si era preparata da tempo. Francesco Sisci, sinologo e direttore del think tank Appia Institute, spiega come la Cina vive questa nuova fase di contrapposizione con gli Stati Uniti.

Professor Sisci, Washington colpisce, ma Pechino risponde. Come sta reagendo il Dragone a questa sfida lanciata da Trump?

“La Cina non indietreggia, nemmeno di un millimetro. Sapeva che questa ritorsione sarebbe arrivata e si è preparata da lungo tempo. Per Pechino, i dazi di Trump non sono giunti come una sorpresa. Ha un piano B e quindi è pronta ad andare allo scontro. Mi aspetto che l’America di Trump sia a sua volta preparata”.

In che cosa consiste questo piano B?

“In primo luogo, nel riportare i consumi in casa. I cinesi sono un popolo capace di stringere la cinghia qualora ci sia la necessità di farlo. Va poi considerato un fatto: non essendoci libertà di stampa, passerà più facilmente la narrazione secondo cui questi sacrifici sono colpa degli americani e che, quindi, è a causa loro che si chiudono i rapporti con l’America. Poi, naturalmente, si continuerà a fare attività economica e commerciale con tutti i partner, e ancora più sostenuta di prima”.

A sentire lei, verrebbe da pensare che la strategia di Trump sia più controproducente che altro.

“Il rischio, secondo me, è che, per il modo in cui è stato presentato questo piano americano e per le tante obiezioni e polemiche che ha sollevato dentro e fuori il Paese, Washington rischia che molti Paesi, penalizzati dai dazi, possano trovare meno difficoltà con la Cina e con tutti gli altri Paesi”.

Con buona pace del ‘Make America Great Again’, insomma.

“Secondo me sì. L’impressione, pur non essendo nella testa del presidente Trump, è che gli americani fossero convinti, in qualche modo, di avere gioco facile pensando che la Cina fosse più propensa a scendere a miti consigli. Invece non solo non è così, ma Pechino si è preparata a combattere, anche se solo dal punto di vista commerciale”.

Quali sono le conseguenze di uno scenario come quello che lei ha appena descritto?

“Va premesso che la situazione può evolvere di ora in ora. Ma se le cose rimangono anche solo così, si rischia l’apertura di scenari molto caotici. Non solo per i mercati, ma anche per gli stessi americani. L’America non è solo un Paese, come l’antica Roma non era solo la Roma imperiale. Se a un certo punto Roma avesse deciso di salvare sé stessa facendo collassare l’impero, sarebbe saltato tutto. Mi pare che questo equilibrio fra Paese e potenza, in questo momento, a Washington sfugga un po’”.

Abbiamo parlato di guerra commerciale, ma Taiwan è un punto centrale della questione e lì più che di merci si parla di armi.

“Oltre a Taiwan, c’è un grande problema in tutta la regione. C’è incertezza sui dazi applicati, perché hanno un impatto diretto sui singoli Paesi, ma c’è anche incertezza su quale potrebbe essere l’impegno americano dal punto di vista militare. In questo momento il punto è la guerra commerciale, ma rimane il dubbio su quanto l’America si voglia impegnare nella difesa armata della regione”.