Guerra Ucraina Russia: perché Putin non ha paura delle sanzioni

Lo zar ha passato gli ultimi otto anni a preparare l'economia del proprio Paese alle contromisure di Stati Uniti ed Europa

Il presidente russo Vladimir Putin

Il presidente russo Vladimir Putin

Mosca, 23 febbraio 2022. Le sanzioni che l’Occidente imporrà alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina non spaventano particolarmente Vladimir Putin. Lo zar ha avuto otto anni per prepararsi a questo momento e, per ora, le rappresaglie economiche da parte dell’Occidente contro l'offensiva nel Donbass sono più che altro un avvertimento, come dimostrano il blocco del gasdotto Nord Stream 2, in realtà già fermo, da parte della Germania e le prime morbide contromisure americane.

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L’approccio Usa

Joe Biden era il vicepresidente di Barack Obama nel 2014, quando la Russia invase de facto (i famosi omini verdi erano stati mandati dal Cremlino) la Crimea. L’allora amministrazione democratica decise di sanzionare la Federazione duramente. Una mossa che molti analisti ritengono cruciale e che, molto probabilmente, fermò la Russia dal far avanzare ulteriormente le proprie truppe. La Casa Bianca, per bloccare quella che Biden nei giorni scorsi ha definito “un’invasione”, ha deciso di utilizzare un approccio a specchio: le sanzioni saranno commisurate alle azioni della Russia. Quindi più lo zar avanzerà in Ucraina, più gli Usa proveranno a mettere in crisi il sistema economico russo.

 

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La risposta russa

Il problema è che Putin ha avuto ben otto anni per preparasi a questo momento e ha reso più autonoma rispetto all’estero l’economia della sua nazione per oltre 1.300 miliardi di euro. “In questo modo intere parti della Russia – scrivono Edward Wong e Michael Crowley del New York Times – sono protette dalle eventuali sanzioni”. E non a caso nei giorni scorsi lo zar ha ribadito che per il suo Paese sarà importante “innalzare il livello di sovranità economica”, che tradotto significa essere ancora meno dipendenti dagli altri Stati.

Il piano di Putin

Il governo russo ha di fatto riconfigurato negli ultimi anni il proprio bilancio, in modo da poter resistere anche alle sanzioni più dure. Per reggere lo sforzo, la Russia ha di fatto innalzato il prezzo del gas (concedendolo a singhiozzo all’Europa, che dipende per oltre il 50% dalle importazioni della Federazione) e ha beneficiato del caro petrolio. Il debito pubblico è relativamente basso (è il 17,8% del Pil, l’Italia viaggia attorno al 135%) e i prestiti, rispetto al 2014, sono diminuiti sensibilmente. La banca centrale, inoltre, ha accumulato riserve di valuta estera per 556 miliardi di euro, il quarto stock più grande del mondo.

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La situazione

Putin, se ha dato l’ok all’invasione, pensa di poter sopravvivere alla sanzioni occidentali, per quanto dure possano essere. Molti degli ultranazionalisti russi sono da tempo nelle liste nere di Europa e Stati Uniti e per loro, oggettivamente, non cambierà nulla. Anzi, per i molti di loro che dirigono le enormi compagnie statali russe, un’economia più isolata significherà maggiori profitti. E se proprio ne avesse bisogno, Putin sa che potrà sempre contare sull’appoggio cinese per superare qualche momento di difficoltà.

Le prime sanzioni

Il giro di vite annunciato martedì dall’amministrazione Biden include sanzioni contro tre figli di alti funzionari vicini a Putin e due banche statali. Inoltre sono state messe in campo ulteriori restrizioni alla capacità russa di aumentare le proprie entrate emettendo debito sovrano. Tutte mosse che fanno il solletico alla Federazione.

Le armi finali

Sono due le contromisure che potrebbero davvero mettere in difficoltà la Russia: rinunciare in toto al gas della Federazione e isolare completamente le banche statali dall’economia globale. Il problema è che le ripercussioni sarebbero enormi anche per l’Occidente. Molti degli alleati hanno già fatto capire a Biden che non sono disposti a schiacciare questo bottone. E il problema è che lo sa anche Putin.