Coronavirus, in Giappone donna ammalata per la seconda volta

Primo caso di recidiva: una guida turistica di 40 anni che vive a Osaka. Ma qualche esperto avanza dubbi

Persone con la mascherina nella metropolitana di Tokyo (Ansa)

Persone con la mascherina nella metropolitana di Tokyo (Ansa)

Tokyo, 27 febbraio 2020 - Primo caso di recidiva da coronavirus in Giappone. Si tratta di una guida turistica di 40 anni residente a Osaka, risultata positiva per la seconda volta in un mese.  La donna, di nazionalità straniera, aveva lavorato con visitatori provenienti da Wuhan ed era poi stata ricoverata perché contagiata. Il 6 febbraio era stata dimessa, ma negli ultimi giorni si è sentita di nuovo male e le è stato ancora riscontrato il virus. Secondo l'ospedale, tra un ricovero e l'altro, era rimasta a casa e non è entrata in contatto con altre persone. 

Peraltro si tratta dell'unico caso accertato di infezione da Covid-19 nella prefettura di Osaka. La seconda città più popolosa del Giappone manterrà chiusi tutti gli asili, le scuole elementari e le scuole medie superiori a partire da sabato per almeno due settimane, riferisce il canale pubblico Nhk

MAPPA LIVE I dati dell'epidemia aggiornati

In una conferenza stampa la direttrice del dipartimento di Medicina della prefettura, Mutsuko Fujii, ha detto che il suo ufficio riferirà del caso al governo centrale a Tokyo e attenderà indicazioni su come procedere. Il governatore Hirofumi Yoshimura ha detto che gli esami medici verranno estesi a un maggior numero di persone "per evitare una situazione in cui i sintomi del coronavirus possano coinvolgere un numero sempre più esteso di individui".

In realtà, spiega il Guardian, in Cina sono stati già riportati casi di pazienti positivi una seconda volta ai test. "Una volta contratta, l'infezione può rimanere inattiva e con sintomi ridotti al minimo, e se si fa strada nei polmoni, può produrre un peggioramento", ha dichiarato il Philip Tierno, docente della facoltà di medicina della New York University, al quotidiano britannico. Il docente si è detto quindi "non certo", che si possa parlare di recidiva.