Venerdì 19 Aprile 2024

Corea del Nord, Trump: "L'incontro con Kim potrebbe slittare"

Il presidente Usa ha incontrato il sudcoreano Moon ufficialmente per definire gli accordi bilaterali, in realtà per mediare sulla situazione che si è venuta a creare con Pyongyang

Donald Trump insieme a Moon Jae-in (Lapresse)

Donald Trump insieme a Moon Jae-in (Lapresse)

New York, 22 maggio 2018 - E’ tutto nell’aria e il summit potrebbe saltare. “Stiamo continuando a lavorare con la Corea del Nord - dice il presidente Donald Trump - per vederci a Singapore il 12 giugno, ma non è detto che questo succeda. Penso che succederà ma magari non per quella data. Ho notato un diverso atteggiamento di Kim Jong-un dopo il secondo meeting che ha avuto col presidente cinese Xi. Sono amico di Xi, ma lui si sta comportando come un giocatore di poker professionista e questo non mi è piaciuto. Dovrò mettermi a giocare a poker anch’io. Ma noi stiamo lavorando perché il summit si faccia adesso, parliamo molto al telefono con Pyongyang. Vogliamo che succeda perché sarebbe ottimo per la Corea del Nord, per la Corea del Sud e per il resto del mondo. Non è escluso che il presidente sudcoreano Moon che si è adoperato tanto per questo incontro venga anche lui a Singapore per fare una cosa insieme a Pyongyang. Vedremo”.

Molti analisti leggono le parole di Trump ispirate al pessimismo per il sorgere di diverse precondizioni che sia gli Usa che i nordcoreani dovrebbero mettere in atto in meno di 20 giorni. E’ molto probabile che la data del 12 giugno, in altri termini, sia posticipata dando più tempo ai tecnici per mettere a punto intese che potrebbe avere una portata storica. “Io vorrei che la denuclearizzazione avvenisse in un solo momento e non in fasi diverse - dice Trump che parla per più di mezz’ora nello Studio ovale con a fianco il presidente sudcoreano Moon - Se per ragioni tecniche questo non è possibile il periodo potrebbe allungarsi ma sarebbe la denuclearizzazione farebbe parte di una sola fase”.

La visita del presidente sudcoreano Moon a Washington, anche se motivata con la definizione di accordi commerciali bilaterali, di fatto ha lo scopo di sciogliere il nodo che si è venuto a creare con Pyongyang. Il regime comunista si è improvvisamente irrigidito. Ha cancellato i giorni scorsi un secondo summit con Seul motivandolo con la continuazione delle manovre militari Usa-Corea del Sud che non si sono fermate completamente e con un effetto a catena sono spuntate le difficoltà che hanno rotto la luna di miele di Trump e Kim Jong-un suggellata dal rilascio dei tre prigionieri americani come segno di buon auspicio. Pyongyang inoltre aveva invitato ieri i giornalisti internazionali ad assistere alla cementificazione del sito usato per i test nucleari al posto del quale esiste già un progetto per trasformare l’intera area in un’enorme resort turistico.

L’uscita in tv del vicepresidente americano Pence dove ha ripetuto “se Kim non accetta la denuclearizzazione farà la fine della Libia…” è diventata un’altra secchiata di acqua fredda su un summit col quale Trump in caso di successo pensava di potersi guadagnare il Nobel per la Pace. Può anche darsi che il ritorno al linguaggio ruvido se non proprio muscolare faccia parte della pretattica prima del faccia a faccia. Sicuramente i larghi sorrisi raccolti dal segretario di Stato americano Mike Pompeo nei suoi doppi incontri con Kim Jong-un a Pyongyang sembrano ormai scomparsi per fare spazio ad un più realistico e misurato approccio diplomatico fatto di piccoli passi e non di roboanti dichiarazioni televisive. Ad ascoltare attentamente le parole del presidente Trump che più volte ha lodato il peso e l’autorità del presidente cinese Xi nei confronti di Kim Jong un, sembra di leggere una delusione americana per l’astuto “doppio gioco” che il leader cinese avrebbe avviato sui tavoli di Washington con una durissima battaglia dei dazi e su quello di Pyongyang per convincere il giovane leader comunista a rinunciare all’atomica in cambio di garanzie di sicurezza, un trattato di pace, enormi aiuti e progresso, con l’impegno americano a non favorire un cambio di regime.

Uno degli ostacoli delle ultime ore rispetto al summit di Singapore sarebbe legato infatti anche alla siurezza di Kim Jong-un durante il viaggio col sorvolo di diversi spazi aerei. “Kim potrà viaggiare tranquillamente e in piena sicurezza “ha detto Trump quasi facendosi garante e ha aggiunto “posso anche assicurare che Kim Jong-un sarebbe garantito nella sua posizione se troviamo un accordo con Pyongyang…”. A questo punto se il 12 giugno il summit saltasse, anche se venisse posposto addirittura oltre l’estate o dopo le elezioni americane di medio termine a novembre perché i nord-coreani sembrano aver messo il freno alle trattative preparatorie, per Trump sarebbe un danno d’immagine e un rischio politico enorme.

Anche lui dopo i grandi annunci ricadrebbe nell’inconcludente tira e molla nel quale si sono impantanati tre diversi presidente americani prima di lui compreso Barack Obama e si troverebbe alle prese con difficile dossier del Russiagate, con l’Iran furioso per l’uscita dal trattato atomico, un’Unione Europea sul piede di guerra. Senza contare la Siria e il Medio Oriente di nuovo in fiamme dopo le stragi di Gaza e lo spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme.