Domenica 6 Ottobre 2024

Come hanno fatto esplodere i cercapersone di Hezbollah. Tre ipotesi per l’attacco simultaneo

Le autorità libanesi indagano. Israele tra i primi sospetti, anche se nega. Sul tavolo le differenti ipotesi sull’accaduto

Roma, 17 settembre 2024 - L'esplosione improvvisa e contemporanea dei cercapersone in dotazione ai miliziani Hezbollah ha provocato 15 morti e circa 2.800 feriti, di cui 200 in condizioni critiche. Mentre le autorità libanesi cercano di comprendere cosa è successo, con un occhio di riguardo a Israele (Che ha smentito il coinvolgimento), proprio da fonti israeliane arrivano due ipotesi sull'accaduto: attacco hacker o sabotaggio. Una terza, di un esperto italiano, punta sull’esplosivo nel dispositivo.

Beirut, morti e feriti per l'esplosione dei cercapersone di Hezbollah
Beirut, morti e feriti per l'esplosione dei cercapersone di Hezbollah

Attacco hacker

L'ipotesi più probabile punta il dito sull'attacco hacker, probabilmente israeliano. I pirati del web di Tel Aviv sarebbe riusciti ad accedere al server che gestisce i pager del gruppo filo iraniano. Da qui avrebbero inviato un segnale di comando che avrebbe spinto i cercapersone a lavorare in maniera frenetica il pager fino a surriscardarsi e a fare esplodere la batteria al litio. A sostegno di questa ipotesi anche le testimonianze di molti miliziani che, essendosi accorti del riscaldamento anomalo dello strumento, sarebbero riusciti a liberarsene in tempo prima dell'esplosione.

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Sabotaggio

L'altra ipotesi, esposta dall'analista militare Elijah Magnier, punterebbe al sabotaggio precedente la consegna dei dispositivi. E anche qui c'è una conferma: i cercapersone, voluti dal leader Hassan Nasrallah per timore che i cellulari venissero intercettati da Israele, erano stati consegnati a miliziani pochi giorni prima. Secondo Magnier sarebbero stati manomessi prima della consegna, con un malware che avrebbe causato a comando il loro surriscaldamento e la successiva esplosione.

Esplosivo nei dispostivi

Ma c'è anche una terza ipotesi che punta il dito a piccole quantità di esplosivo piazzate all'interno dei cercapersone. Infatti secondo Marco Camisani Calzolari, esperto di IA, docente Universitario e divulgatore scientifico, ritiene improbabile che si possa far esplodere una batteria a distanza: "Per almeno due ragioni. Le batterie hanno tre poli, uno serve proprio per un circuito interno anti riscaldamento, che è praticamente impossibile da hackerare dall'esterno perché non è connesso a nulla. Altra ragione. E' vero che le batterie possono esplodere per surriscaldamento, se la carica è improvvisamente alterata, ma non tutte insieme contemporaneamente". Quindi è più probabile che sia stata intercettata la fornitura di quei cercapersone, e che qualcuno abbia inserito dei micro esplosivi, fatti poi esplodere con una modifica al software, da remoto.