ANTONIO FULVI
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Corsica, santuario dei cetacei di nuovo a rischio. Si spera nel vento

Traffico marittimo nel mirino: i 'corridoi' per convogliarlo non sono mai stati realizzati Corsica, collisione tra due navi. Allarme inquinamento

Delfini nel mare (Dire)

Delfini nel mare (Dire)

Livorno, 8 ottobre 2018 - Seicento tonnellate di ‘fuel oil’, ovvero di carburante navale pesante, riversato in mare ai margini del Santuario dei cetacei: non è il primo incidente del genere, ma è la conferma che i traffici marittimi sono un pericolo per un’area di mare che è tra le più delicate, le più frequentate dai grandi cetacei del Mediterraneo, vera e propria ‘nursery’ non solo per le balene e i capodogli, ma anche per migliaia di stenelle, delfini comuni, grampi, globicefali e anche qualche (sia pur rara) orca.

L’apparato di pronto intervento contro gli inquinamenti marini s’è mosso subito, con una notevole partecipazione dell’organizzazione italiana Castalia: di cui è sul luogo, vera punta di diamante, il supply vessel livornese ‘Nos Taurus’ dell’impresa di salvataggi Neri. Piero Neri e suo figlio Corrado sono in contatto radio con il grande rimorchiatore oceanico, che dispone di panne di contenimento delle chiazze di gasolio, di spingarde disperdenti e anche di speciali apparecchiature in grado di aspirare il fuel. Altri mezzi sono usciti da Bastia e da Ajaccio, oltre al supporto aeronavale della nostra Guardia Costiera. L’inquinamento c’è. Ma se il meteo aiuterà, mantenendo in loco condizioni di mare e di vento moderate, il problema potrebbe risolversi in un paio di giorni di lavoro specializzato. Almeno in superficie, la grande macchia di idrocarburi può essere vinta. Diverso è l’impatto mediatico che l’incidente ha già avuto sul Santuario. Che è, fin dalla sua nascita, una specie di incompiuta: compromesso impossibile tra la reale salvaguardia dell’ambiente marino con le sue forme superiori di vita e le esigenze economico-logistiche dei paesi affacciati su questo mare. Un Santuario in difesa dell’ambiente e dei suoi abitanti dovrebbe poter limitare il transito navale, e addirittura – era tra le indicazioni fatte quando fu costituito – convogliarlo in veri e propri ‘corridoi’ monitorati da sistemi di rilevamento satellitare. Invece non se n’è fatto di niente. E sul Santuario si affacciano porti da migliaia e migliaia di navi all’anno, con linee di full-containers, ma anche di traghetti che s’intersecano in ogni direzione. Nel canale tra Capo Corso e l’isola di Capraia – un braccio di mare di meno di 20 miglia, con profondità frequentate dalle nostre balene tirreniche e dai capodogli – passano giornalmente oltre un centinaio di navi. Che magari non scaricano più in acqua le sentine oleose e i rifiuti di bordo, come un tempo, ma generano un inquinamento acustico altrettanto pesante. Anni fa la nave scuola Vespucci della Marina militare fece una campagna per l’associazione ambientalista Marevivo raccogliendo i risultati delle rilevazioni acustiche sul Santuario: un bombardamento su animali che proprio al suono devono la scoperta del cibo e lo scambio di informazioni vitali. Della serie: le macchie di nafta e fuel si possono aggredire e controllare, ma il Santuario ha bisogno di ben altre tutele