Anche Coca-Cola via dalla Russia. Da Mc Donald's a Ikea: i colossi che hanno detto basta

Dopo le pressioni i giganti di bevande e ristorazione fanno un passo indietro: stop alle attività con la guerra

Sito di produzione Coca-Cola a San Pietroburgo (Ansa)

Sito di produzione Coca-Cola a San Pietroburgo (Ansa)

Kiev, 9 marzo 2022 - Alla fine anche Coca-Cola e Mc Donald's hanno detto basta. Il gigante delle bevande analcoliche ferma le vendite e gli impianti di bottigliamento (numerosi) in Russia, la multinazionale di fast food fa lo stesso coi i suoi ristoranti. "I nostri cuori sono vicini alle persone che stanno subendo gli effetti inconcepibili di questi tragici eventi in Ucraina'', scrivono i vertici di Coca-Cola. "I nostri valori ci spingono a non ignorare la sofferenza umana inutile", gli fanno eco dal colosso della ristorazione espressa. Ma dietro la bandiera dell'etica ci sono sicuramente le innumerevoli pressioni (e anche minacce di boicottaggio). "Impossibile prevedere quando riapriremo", dice l'amministratore delegato di Mc Donald's Chris Kempczincki, precisando comunque che l'azienda continuerà a pagare i suoi 62.000 dipendenti in Russia. In Russia e in Ucraina il colosso degli hamburger ha solo il 2% del totale dei suoi ristoranti, e da questi arriva il 9% dei ricavi globali. Una quota ridotta ma non trascurabile e frutto di anni di investimenti e relazioni. Quando è arrivata a Mosca nel 1990 (c'era ancora l'Urss) McDonald's era il simbolo del capitalismo che si affermava sul comunismo. 

Anche Pepsi&Co ha annunciato il blocco delle vendite in Russia, degli investimenti di capitale e della pubblicità. L'azienda produttrice di Pepsi, 7Up e Mirinda  interrompe anche le attività in Ucraina per consentire ai dipendenti di cercare sicurezza mentre la guerra si intensifica nel Paese. Lascia la Russia poi Starbucks che congela anche la spedizione di tutti i prodotti. "I nostri partner hanno accettato di fermare immediatamente le operazioni dei negozi e forniranno supporto ai quasi 2.000 dipendenti in Russia", ha fatto sapere il Ceo Kevin Johnson. 

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Colossi in fuga 

Coca Cola, Mc Donald's, Pepsi e Starbucks si aggiungono al già lungo elenco di colossi che hanno interrotto le attività in Russia: Apple nell'informatica, Nike, il gruppo H&M, Victoria's Secrets nell'abbigliamento, Ikea per l'arredamento. Visa e Mastercard hanno fermato le operazioni. 

Giro di vite anche dalle aziende tech, che hanno isolato Mosca. Da Meta (il colosso sotto il cui cappello ci sono Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger) e Twitter blocco dei canali di informazione. Limitazioni da TikTok mentre Netflix non rispetterà in Russia l'obbligo di trasmettere in diretta venti canali locali. Google e la piattaforma di YouTube hanno fermato la pubblicità. 

Prima ancora c'era stato lo stop di Volkswagen, che che ha sospeso anche le esportazioni in terra russa, Toyota e altre giapponesi dell'auto. Bmw che ha bloccato le esportazioni, Ford e Mercedese e Renault hanno chiuso i battenti.  Sul fronte energia: Eni ha deciso di vendere la sua quota nel gasdotto Bluestream con Gazprom. Shell non acquisterà più greggio dalla Russia. La norvegese Equinor ha cessato le partnership con Rosneft, e ha detto addio a Putin anche la danese Orsted.

Ha fatto poi un passo indietro Boeing che ha sospeso supporto tecnico e manutenzione dei suoi aerei alla compagnie russe. Daimler Truck ha interrotto la partnership con Kamaz e si è fermata anche la tedesca Siemens. Via dalla Russia anche l'armatore danese Maersk, i corrieri Ups e FedEx, e la società di cargo Msc Mediterranean Shipping Company.