Cina-Russia, l'ex ambasciatore: ecco perché Pechino ha interesse a far tacere le armi

Alberto Bradanini, fino al 2015 in Cina: "Aiuto militare a Mosca? Altamente improbabile e poco credibile"

Vladimir Putin e Xi Jinping (Ans, foto d'archivio)

Vladimir Putin e Xi Jinping (Ans, foto d'archivio)

"La Cina deve riportare al più presto la pace in Ucraina. È nel suo interesse nazionale. Pechino ha un piede in due staffe, ha una forte complementarità con la Russia, con la quale ha in comune la difesa dall’espansionismo americano, ma l’interscambio tra Russia e Cina è di dieci volte inferiore di quello tra Cina e Occidente. Quindi, la Cina ha interesse a fare tacere le armi per evitare che la guerra danneggi le catene di valore. Ma il problema è il come e il quando". Così Alberto Bradanini, già ambasciatore a Teheran e a Pechino, e attuale presidente del Centro Studi sulla Cina contemporanea.

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Ambasciatore, il Financial Times dice che la Cina sarebbe disponibile ad aiutare militarmente la Russia. È credibile?

"Mi pare, diciamo, altamente improbabile. Semmai è la Cina a comprare armi dalla Russia. Come in ogni guerra c’è una disinformazione terrificante, da entrambe le parti. Una notizia del genere suona a caldo poco credibile, ma serve a far pressione sulla Cina perché con accuse simili un pò di fango rimane sempre".

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Lei ritene invece che l’interesse della Cina sia in realtà opposto. Perché?

"La Cina è una nazione che ha bisogno della pace, non solo come scelta valoriale astratta ma per ragioni concrete. la struttura economica della Cina presuppone la pace. La crescita della sua economia, massima priorità del Partito Comunista, dipende da tre fattori: domanda interna, investimenti e, molto, commercio. Quest’ultimo, tuttora cruciale, è la prima vittima di una guerra e ha riflessi pesanti sulla crescita economica sulla quale la Cina punta molto per uscire dal sottosviluppo e per l’emancipazione del Paese. Un compromesso che faccia tacere le armi, questo è quel che cerca la Cina, quello che vuole l’America invece non lo sappiamo".

Gli Stati Uniti vogliono evitare che l’Ucraina finisca nell’orbita di Mosca.

"O potrebbero volere che l’Ucraina diventi una sorta di pantano per Mosca, un nuovo Afghanistan. O creare le condizioni perché il dissenso interno faccia cadere Putin: un cambio di regime. Gli Stati Uniti avrebbero una carta straordinaria da giocare, che tuttavia non giocano. Nella Nato sono loro a prendere tutte le decisioni importanti. Potrebbero quindi dire: siamo contrari ad un ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica. E con questa premessa potrebbero chiamare Russia e Ucraina attorno a un tavolo per definire i contorni di una pace, che passi prima da un cessate il fuoco e poi da un assetto stabile. Hanno una carta eccellente, ma non la usano".

Ma forse a Mosca non è sufficiente.

"Forse non è sufficiente, ma intanto, proviamo".

Quando la Cina potrebbe decidersi a intervenire?

"Il problema è che chi fa da mediatore deve mettere un assegno, economico o politico, sul tavolo della trattativa, altrimenti questa è fatalmente fallimentare. Ora bisogna capire cosa può mettere sul tavolo la Cina. La minaccia della rinuncia al gas e al petrolio russo? Non è credibile, la Cina è assetata di energia. Bloccare il suo export? Non lo farebbe mai. Quello che potrebbe fare è qualcosa di positivo, un ulterire rafforzamento delle relazioni politiche o commerciali. Come? Non è facile. In ogni caso Pechino, che probabilmente ha già parlato con la Russia, attende il momento giusto per proporsi, e probabilmente sarà pressata a farlo dagli Stati Uniti. Ma i tempi devono essere maturi".