Sabato 20 Aprile 2024

Pechino vuole la pace? "Tra l’incudine e il martello non ha interesse a mediare"

Il sinologo Sisci: "Se prevalesse la Russia, la Cina si ritroverebbe un vicino troppo forte Ma con la probabile vittoria dell’Ucraina, il Dragone non avrebbe una sponda cruciale"

Roma, 18 febbraio 2023 - La Cina vuole la pace in Ucraina, fa sapere il presidente Xi Jinping. Anzi, in occasione del primo anniversario della guerra farà "un discorso di pace", come ha riferito Wang Yi, capo della diplomazia di Pechino, al ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. Ma Tajani ha rilanciato: "Mi auguro che la Cina faccia reali pressioni su Mosca". Così come il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha trasmesso a Wang l’invito affinché Pechino faccia valere la sua influenza per la pace. La risposta: "Pronti a cooperare in un mondo di turbolenze". Ma la Cina potrà davvero svolgere un ruolo di mediazione? L’abbiamo chiesto al sinologo Francesco Sisci.

Sergio Mattarella e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi
Sergio Mattarella e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi

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In Occidente c’è chi vorrebbe che la Cina facesse da mediatrice tra Russia e Ucraina. È un’opzione possibile?

"Innanzitutto bisogna chiarire che la richiesta è arrivata da singoli Paesi come Italia e Francia, non da tutto l’Occidente. E Pechino non ha detto “intervengo“, il che significa che in realtà non vuole mediare".

Perché rifiuta questo ruolo?

"La posizione cinese è estremamente difficile. Se vincesse la Russia si ritroverebbe poi un vicino molto forte che potrebbe fare pressioni".

E se invece vincesse l’Ucraina?

"Non “se“, ma “quando“. Credo che Kiev non si arrenderà. È evidente che la Russia ha già perso, prima politicamente e ora anche militarmente. Sono aumentate le perdite e non ha ottenuto alcun risultato, solo un bagno di sangue. Per la Cina la sconfitta di Mosca significa perdere una sponda. Le opzioni sono tutte perdenti, per Pechino".

Rischierebbe l’isolamento?

"La Cina è fra l’incudine e il martello. Nel momento che la Russia uscisse sconfitta, eventualità reale, si troverebbe molto più isolata. Così per certi versi la Cina potrebbe avere un interesse a che la guerra non finisca subito, perché il conflitto in Ucraina distoglie in parte l’attenzione – non del tutto, come dimostra il caso del pallone-spia – dalle azioni di Pechino".

Ma c’è anche l’interesse a non perdere il ruolo di potenza economica globale...

"È un’alchimia delicata. La Cina è la più grande potenza commerciale del mondo: il suo surplus è quasi esclusivamente con il G7 allargato, Europa, Nordamerica e Giappone. Dall’Africa e dall’America Latina compra materie prime, ma i prodotti finiti li vende all’Occidente. Mercato e partner che non può affatto permettersi di perdere".

Pechino ha mai valutato l’ipotesi di mediare?

"All’inizio del conflitto – quando peraltro aveva scommesso su una vittoria lampo della Russia – era anche disposta a intervenire, lo disse in due vertici in Italia e Lussemburgo. Ma in realtà voleva qualcosa in cambio. Gli Stati Uniti dissero no".

Perché Italia e Francia fanno pressioni su Pechino?

"Difficile dirlo, forse non hanno ben chiara la posizione cinese. O forse il loro è un tentativo di affermare un attivismo per la pace. Piuttosto dovrebbero impegnarsi, come anche la Germania, a sostenere di più Kiev, altrimenti rischiano di perdere il loro ruolo nel contesto europeo".

In che senso?

"L’Ucraina ha già vinto. Dopo la fine della guerra acquisirà un ruolo da attore politico nella “nuova Europa“. Con lei avrà probabilmente gli altri Paesi dell’Est, come la Polonia e i baltici, che l’hanno sostenuta fin dal primo giorno. E così si potrebbero ridisegnare gli equilibri nella “vecchia Europa“".