Giovedì 25 Aprile 2024

Ci sono popoli più feroci di altri? La Storia insegna che non è così

La strage di Bucha ricorda altre stragi commesse dai russi. Ma non c’è una responsabilità collettiva. Da Erode a Hitler, l’orrore si ripete. Dare una spiegazione antropologica è una forma di razzismo

Bucha, la disperazione della gente davanti ai corpi (Ansa)

Bucha, la disperazione della gente davanti ai corpi (Ansa)

Nell’ultimo scorcio del secolo passato un grande studioso inglese, Robert Conquest, che si era a lungo occupato dell’Unione Sovietica e degli orrori staliniani, scrisse un volume sul "delirio ideologico" del XX secolo. Il saggio, apparso in Italia col titolo Il secolo delle idee assassine, stabiliva una correlazione tra le catastrofi della nostra epoca e le idee, più o meno utopistiche, che avevano ispirato capi e movimenti politici la cui storia aveva finito per tingersi di color rosso sangue. La sua analisi partiva dalla Rivoluzione Francese e giungeva fino ai Khmer rossi passando per il comunismo, il fascismo, il bolscevismo, il nazionalsocialismo, il maoismo. Era una storia di stragi, violenze e ferocia che si dipanava dai tempi del Terrore di robespierriana memoria (quello che Anatole France aveva descritto in un celebre romanzo dal titolo eloquente Gli dei hanno sete) fino a quelli dei conflitti che avevano da poco insanguinato i Balcani.

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La tesi di fondo di questo grande storico, che dedicò gran parte della sua vita di studioso alla difesa delle istituzioni liberali e alla denuncia degli orrori dei regimi totalitari, era che la responsabilità dei disastri del Novecento dovesse essere attribuita non tanto (o non solo) a qualche problema concreto, per esempio di natura geopolitica, quando piuttosto (e, forse, soprattutto) alle "idee assassine" o ai comportamenti concreti di "uomini in carne ed ossa", di persone cioè che avevano "concepito determinate teorie" e avevano "compiuto determinate azioni".

Il libro di Conquest torna alla mente di fronte agli orrori che in questi giorni ci sta propinando la cronaca (terribile) dell’invasione russa dell’Ucraina con le immagini di quei crimini orrendi di cui sono testimonianza le foto dei cadaveri per le strade di Bucha e le macerie di obiettivi civili in diverse aree del paese. Il volume suggerisce, sia pure implicitamente, di riflettere sul pericolo di imboccare la troppo facile strada che porta a stabilire un collegamento fra un popolo e le manifestazioni di crudeltà o ferocia. In altri termini, esso ci fa porre la domanda se possano esistere – soprattutto in guerra quando si scatenano gli istinti primordiali dell’uomo – popoli più feroci di altri.

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A leggere i resoconti di questi giorni si sarebbe tentati di parlare – e qualcuno lo ha fatto – di una naturale "ferocia russa" tanto più se lo "sguardo della memoria" si volgesse indietro nel tempo, andando alla pratica dell’uso delle armi chimiche da parte dei russi in Siria o, pensando al comunismo, ai massacri di Katyn che portarono all’esecuzione sommaria di oltre ventimila ufficiali, politici, intellettuali, imprenditori polacchi, alla decapitazione insomma, vera e propria, di tutta una classe dirigente.

Eppure, a ben vedere, questa tentazione va respinta come frutto di una forma di "razzismo" che tende a colpevolizzare in maniera "antropologica" un popolo attribuendogli le responsabilità di un individuo o di una ideologia criminale. I tedeschi, per esempio, sono stati bollati per la ferocia e la crudeltà delle stragi naziste e per l’Olocausto che rappresenta, indiscutibilmente, la pagina più buia della storia umana. Per anni, per decenni anzi, i tedeschi hanno convissuto con quel senso di colpa collettiva che spinse il filosofo Karl Jaspers a scrivere nel 1946 un intenso libretto sulla "questione della colpa" e sulla "responsabilità politica della Germania", nel quale cercava di fare i conti, proprio in quanto tedesco, con i crimini ordinati da Hitler. E vale la pena di rammentare che la nuova Germania, unificata al termine della Guerra Fredda, è diventata un modello di democrazia.

La verità è che, nella storia, le manifestazioni di crudeltà o ferocia si sono susseguite con frequenza tale che sarebbe impossibile anche solo elencarle. Si potrebbe partire dalla "strage degli innocenti" voluta da Erode il Grande allo scopo di uccidere Gesù per giungere a un’altra strage, quella della "notte di San Bartolomeo", che portò al massacro a Parigi di migliaia di ugonotti. Si potrebbe, ancora, parlare dell’uso dei gas chimici nella Grande Guerra o dell’orrore degli "infoibamenti" ad opera dei comunisti titini. E via dicendo. Ma, tutto sommato, sarebbe inutile. È molto meglio guardare alla speranza di un futuro più roseo. Evitando di colpevolizzare intere popolazioni.