Cesare Battisti, storia di fughe e protezioni

La permanenza in Francia, appoggiato dagli intellettuali della gauche francese, poi la latitanza in Messico e gli otto anni da rifugiato politico in Brasile

Cesare Battisti il 19 marzo 2007 a Brasilia dopo la cattura (Ansa)

Cesare Battisti il 19 marzo 2007 a Brasilia dopo la cattura (Ansa)

Roma, 13 gennaio 2019 - La battaglia politica, la lotta armata, i quattro omicidi dei Proletari armati per il comunismo fra il 1977 e il 1999, la prima fuga nel 1981, la condanna e il carcere, l’evasione e poi la latitanza, prima in Francia e Messico, protetto da figure come quella di Paco Inacio Taibo, quindi nel 1990 il ritorno in Francia con la dottrina Mitterrand a salvaguardare molti terroristi di sinistra; al crollo del paracadute politico, la fuga di nuovo in Messico e quindi il passaggio in Brasile, dove Cesare Battisti sperava di vivere senza problemi il resto della sua vita in fuga.

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Ma ora il futuro del terrorista rosso di Cisterna di Latina, 64 anni, ergastolano per la giustizia italiana e romanziere, sembra di nuovo quello di un istituto di pena italiano. In Francia Battisti ha goduto non solo di protezione politica, dal 1990 al 2004, ma anche di quella degli intellettuali della gauche francese e soprattutto della scrittrice Fred Vargas, suo mentore letterario. Quando la vita in Francia non era più sicura e il Paese si era deciso nel 2004 a concedere l’estradizione, Battisti – che era in libertà condizionata dopo un arresto per una lite di condominio -. grazie a una serie di contatti degli amici francesi beffò di nuovo le autorità e arrivò in Messico, dove però la vita diventò presto agra.

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Così la scelta di un rifugio finale che sembrasse sicuro, il Brasile, dove al governo era la sinistra di Luiz Inacio Lula da Silva. Nel paese sudamericano, Battisti, di nuovo latitante e ricercato in Italia per scontare il suo ergastolo, è entrato clandestinamente nel 2004 con i documenti intestati a Michel Guitar, scrittore francese, ma godendo subito di un vasto appoggio. Tre anni a Rio de Janeiro durante i quali era riuscito a fare perdere le sue tracce, ma poi la svolta nel marzo 2007, quando Battisti venne arrestato nell’appartamento di Marcy Mobrici, in rua Ronald de Carvalho a Copacabana; nel locale, dove viveva da circa un mese, vennero trovati due diversi passaporti. La donna non sapeva la reale identità e lo status giuridico del suo ospite, che era stato presentato gli amici che gli avevano prestato dei soldi, 800 reais erano serviti per pagare in anticipo un mese di affitto, come non sapeva nulla del terrorista la padrona del bar Caioti, vicino a casa, dove “Michel” aveva aperto un conto promettendo di pgare le sue colazioni il mese successivo.

A tradire Battisti-Guitar un’altra donna, la francese Lucie Genevieve Oles che, seguita dalla polizia di Parigi era arrivata a Rio con l’impegno di consegnare 9mila reais al latitante. E’ lei che, inconsapevolmente, ha portato la Polizia federale nel nascondiglio dell’ergastolano. Da quel marzo 2007 è cominciata la battaglia del governo italiano per ottenere l’estradizione di Battisti, trasferito nel carcere federale di Papuda, a Brasilia.

Quando il Supremo Tribunal Federal, al termine di un lungo processo, votò a stretta maggioranza perché Battisti venisse estradato, legò però la esecuzione della sentenza alla firma del capo dello Stato. Ma Inacio Lula da Silva, dopo avere a lungo tergiversato, l’ultimo giorno del suo mandato presidenziale, il 31 dicembre 2010, su richiesta del ministro della Giustizia, Tarso Genro, invece di firmare l’estradizione concesso lo status di rifugiato politico all’italiano che così divenne libero.

Cesare Battisti
Cesare Battisti

Sono passati otto anni da quel momento, intorno a Battisti si è stretta l’intellighenzia di sinistra brasiliana, guidata dal sindacalista Magno de Carvalho e dal senatore del Pt Eduardo Suplicy, ma il crollo del potere della sinistra, con l’impeachment di Dilma Rousseff, ha riaperto la controversia. Il successore ad hinterim di Dilma, il suo moderato vice presidente Michel Temer, ha chiesto che il Supremo valutasse di nuovo la posizione di Battisti – che nel frattempo era stato investito da un’altra inchiesta per l’ingresso clandestino nel Paese – fino a quando il giudice Luiz Fux ha deliberato che un presidente potesse ribaltare la decisione di un predecessore.

Tutti si attendevano che fosse il nuovo capo di Stato, Jair Bolsonaro, esponente della destra conservatrice e militare, a firmare l’estradizione, ma prendendo tutti in contropiede è stato lo stesso Michel Temer, il 13 dicembre, a “condannare” Battisti che, fiutata l’aria, aveva già abbandonato la sua dorata residenza sul mare di Cananeia. Tentato di nuovo quella fuga verso la Bolivia che il 4 ottobre 2017 non gli era riuscita. Questa volta, probabilmente, è stata davvero scritta la parola fine sulla permanenza del terrorista italiano in Sudamerica.