Catalogna dichiara l'indipendenza, ma Rajoy: "Via Puigdemont e nuove elezioni"

Aperto processo "costituente" della Repubblica. Ma Madrid scioglie il Parlamento della regione: "Si voterà il 21 dicembre"

Gente in piazza dopo la dichiarazione d'indipendenza della Catalogna (Ansa)

Gente in piazza dopo la dichiarazione d'indipendenza della Catalogna (Ansa)

Madrid, 27 ottobre 2017 - Muro contro muro. Il Parlament di Barcellona vota sì alla risoluzione sull'indipendenza della Catalogna dalla Spagna, ma il governo di Madrid interviene destituendo il presidente Charles Puigdemont e il suo 'governo', sciogliendo l'assemblea regionale e convocando nuove elezioni locali per il 21 dicembre

FESTA IN PIAZZA - Un boato in piazza a Barcellona ha accolto l'annuncio della proclamazione d'indipendenza. In migliaia hanno manifestato nelle strade della città. Il Parlamento locale si è riunito all'ora di pranzo dopo numerosi rinvii. Quindi il via libera alla dichiarazione unilaterale di indipendenza, con 70 voti a favore, 10 contrari e due schede bianche.  L'opposizione unionista ha deciso di abbandonare l'Aula al momento del voto che è stato a scrutinio segreto. Il 'Parlament' catalano ha quindi aperto il "processo costituente" della Repubblica e deciso l'entrata in vigore della "legge di transizione giuridica e di fondazione della Repubblica".

Con una breve cerimonia solenne, il presidente catalano Carles Puigdmont ha quindi invitato il popolo della Catalogna a difendere il paese "nelle ore che vengono" restando "sul terreno della pace, del civismo e della dignità. Come è sempre stato e continuerà". Le centinaia di deputati e sindaci presenti hanno risposto gridando 'Llibertat' e poi intonando l'inno nazionale di Els Segadors.

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LE CONTROMOSSE DI MADRID - La reazione del governo centrale non si è fatta attendere. Il premier Mariano Rajoy, al termine di un consiglio dei ministri straordinario, ha dichiarato destituiti dai loro ruoli sia Puigdemont sia il suo esecutivo. "La prima misura adottata oggi in virtù dell'approvazione al Senato dell'art. 155 (della Costituzione spagnola) sono la destituzione del presidente della Generalitat, del vice presidente Oriol Junqueras e dei consiglieri del governo autonomo", ha spiegato annunciando subito dopo di aver "sciolto il Parlamento catalano". Rajoy ha spiegato che i ministeri equivalenti spagnoli prenderanno il posto di quelli regionali. Verranno soppressi gli uffici del presidente e del vicepresidente catalano, come anche verranno sospesi i responsabili delle 'ambasciate' catalane all'estero (la Catalogna ha sette delegazioni di rappresentanza all'estero tra cui all'Ue e negli Usa, ndr) oltre al direttore generale dei Mossos d'Esquadra, la polizia regionale. "Il prossimo 21 dicembre si celebreranno le elezioni locali - ha continuato il premier -. Non si tratta di sospendere l'autogoverno, ma di restituirlo alla normalità il prima possibile" per "restituire la legge ai catalani". 

Misure tutte attese, visto che lo stesso Rajoy subito dopo il pronunciamento dell'assemblea catalana aveva definito l'indipendenza della Catalogna "un atto criminale" annunciando che lo stato avrebbe reagito per restaurare "la legalità".

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RADIO-TV CATALANA SALVA - Rajoy aveva anche espresso la volontà di prendere il controllo della radio e della tv catalana, TV3, accusata dagli unionisti di essere una voce troppo sbilanciata a favore dell'indipendenza della Catalogna. Ma l'ipotesi non è stata accettata dal Senato, che ha approvato un emendamento del partito socialista bloccando la richiesta di porre sotto tutela Tv3. La misura aveva suscitato nei giorni scorsi una levata di scudi in nome della libertà di stampa.

LE REAZIONI - Unione Europea e Stati Uniti si sono schierati al fianco di Madrid. "La Spagna è il nostro unico interlocutore", ha detto il presidente della Ue, Donald Tusk. Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano ha sottolineato che l'Italia "non riconosce e non riconoscerà la dichiarazione unilaterale di indipendenza" del Parlamento Catalano. Sulla stessa linea il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: "Nessuno in Europa riconoscerà l'indipendenza della Catalogna".

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PUIGDEMONT RISCHIA 30 ANNI DI CARCERE - Non è chiaro come Puigdemont e i suoi 'ministri' reagiranno alla loro destituzione. Sembra improbabile che la accettino. Anzi, secondo quanto riporta il quotidiano La Vanguardia, si sono "riuniti nel palazzo del governo locale (Palau) per seguire le istruzioni ricevute dal Parlament per istituire la repubblica catalana". Il presidente catalano però rischia anche 30 anni di reclusione. Infatti la procura generale dello stato spagnolo è pronta a chiedere l'incriminazione per "ribellione" del politico catalano. L'incriminazione per questo reato in Spagna comporta pene molto dure, fino a 30 anni. E l'accusa potrebbe essere estesa al vicepresidente Junqueras.

MARCIA DEGLI UNIONISTI - In serata un gruppo di manifestanti unionisti ha attaccato la sede di Catalunya Radio sulla Diagonal di Barcellona rompendo i vetri dell'ingresso e proferendo insulti contro i giornalisti riferisce l'agenzia Acn. Il gruppo si era staccato da una manifestazione di circa mille persone che, inalberando bandiere spagnole, sono scese in strada per protestare contro la proclamazione dell'indipendenza. La polizia catalana è intervenuta per proteggere l'emittente.