Carri armati Leopard all'Ucraina, perché la Germania frena e perché Kiev li vuole

C'è uno scoglio politico, ma anche strategico: un centinaio di mezzi infatti difficilmente basterà a liberare i territori occupati dalla Russia. Ci sarebbe quindi, secondo gli analisiti, un rischio di ulteriore escalation per un risultato verosimilmente non decisivo

Roma, 20 gennaio 2023 - La Germania non sblocca i carri armati Leopard, almeno per ora. L'invio dei mezzi a Kiev, chiesti con forza, suscita dubbi geopolitici e tattici da più parti, non solo da parte di Berlino.

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La decisione non è stata presa

Oggi il segretario alla difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha affermato - in una conferenza stampa al termine dei lavori del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina a Ramstein - che la Germania deve ancora prendere una decisione sulla fornitura dei Leopard, citando la sua controparte tedesca. "Ciò su cui ci concentriamo veramente è assicurarci che l'Ucraina abbia le capacità di cui ha bisogno per avere successo in questo momento. Quindi abbiamo una finestra di opportunità da qui alla primavera o ogni volta che iniziano la loro offensiva".

Avanti con le consultazioni

Sulla questione "le consultazioni continueranno", ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg alla domanda se il mancato via libera della Germania stia minando l'unità europea sul sostegno a Kiev. Secondo Stoltenberg, sin dall'inizio della guerra vi sono sempre state consultazioni sull'aiuto all'Ucraina e il tipo di sostegno ha continuato ad evolversi. Berlino è uno degli alleati che più sostengono Kiev, ha detto, "artiglieria, munizioni , sistemi di difesa aerea e ora anche veicoli di fanteria Marder: la Germania guida il sostegno all'Ucraina in molti campi". Oggi del resto ha promesso un miliardo di aiuti militari.

Il pressing della Polonia

"C'è ancora speranza per il trasferimento dei Leopard in Ucraina", ha detto comunque il ministro della Difesa polacco. Varsavia ha avanzato nei giorni scorsi l'ipotesi di prendere in tal senso una decisione unilaterale. La speranza di un'intesa "nasce dal fatto che i ministri della difesa di 15 paesi si sono incontrati a margine della conferenza odierna. Ne abbiamo parlato", ha detto Blaszczak. Ha aggiunto che il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha sottolineato che era solo al suo secondo giorno in carica e non era in grado di presentare una conclusione. "Ma sono convinto che costruire una coalizione avrà successo. Proprio come il fatto di trasferire il sistema Patriot in Ucraina è stato un successo", ha osservato.

Tutto, ma non i carri armati

Il via libera, comunque, per ora non c'è. Trasporto truppe corazzate, sistemi di difesa antiaerea, artiglieria e persino - se richiesto - alcuni cacciabombardieri F-16: i Ministri della Difesa del gruppo di contatto hanno ribadito il pieno sostegno all'Ucraina senza però arrivare ad una decisione sull'arma che Kiev desidera di più. Un piatto che sul menù degli armamenti dipende quasi esclusivamente dalla cucina tedesca, vista l'esigua quantità di Challenger 2 impegnata dalla Gran Bretagna e il no di Washington all'invio dei propri Abrams, ritenuti inadatti all'uso nel teatro ucraino.

Leopard in mezza Europa

I Leopard tedeschi sono invece tutt'altra questione, innanzitutto per il loro numero: ne sono stati fabbricati oltre 3.600, di cui moltissimi ancora in servizio negli eserciti di mezza Europa e altri ritirati - ma non rottamati - dopo il 1989 ancora nella disponibilità dei singoli comandi nazionali.

I timori di escalation

Lo scoglio è essenzialmente politico: per evitare qualsiasi rischio di escalation Berlino vuole assolutamente condizionare il proprio impegno ad una decisione collettiva e non unilaterale e questo vale non solo per i Leopard della Bundeswehr ma anche per quelli in servizio presso altri eserciti e per i quali vale il vincolo del divieto di riesportazione salvo autorizzazione tedesca. Un vincolo che in teoria i Paesi interessati - come ad esempio la Polonia - potrebbero scegliere di ignorare volutamente ma che potrebbe innescare una querelle legale all'interno della stessa Nato che nessuno al momento auspica.

Il rimpallo Berlino-Washington

Gli Stati Uniti da parte loro non hanno esplicitato alcuna pressione su Berlino - che insiste invece su un coordinamento con Washington - accontendandosi di sottolineare per bocca del Segretario alla Difesa Lloyd Austin che il pacchetto fin qui approvato (compresi i trasporto truppe corazzati americani e tedeschi) - dimostra la bontà e la solidità degli aiuti e l'impegno degli alleati nei confronti di Kiev.

L'avvertimento di Crosetto

Eppure il tempo stringe, come ha ricordato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, il quale ha sottolineato come nel prossimo futuro la guerra sia destinata ad inasprirsi ulteriormente, e questa volta non o non solo con delle offensive missilistiche ma con operazioni terrestri tradizionali in cui le forze corazzate avrebbero la massima importanza.

I dubbi strategici

L'opinione degli analisti tuttavia è che se un centinaio di moderni carri armati occidentali potrebbe dare all'Ucraina una certa superiorità sul campo - quanto meno permettendole di sostenere nel tempo le proprie controffensive terrestri - difficilmente porteranno ad un ritiro russo dai territori occupati - un'ipotesi che il capo degli Stati maggiori riuniti americano, generale Mark Milley, ha definito "molto molto difficile". Di qui la riluttanza sia di Washington che di Berlino a impegnare quello che rimane dopo tutto una parte del proprio armamento di prima linea rischiando un'ulteriore escalation con Mosca per un risultato verosimilmente non decisivo; sull'altro piatto della bilancia vi è una stabilizzazione del fronte che permetterebbe di rilanciare al momento opportuno un'iniziativa diplomatica che al momento rimane ferma al palo.