Camerun, i Leoni del Mondiale d’Italia ’90 premiati con 30 anni di ritardo

Il Camerun si ricorda solo ora dei calciatori che arrivarono a un passo dalla storica semifinale. Troppi nomi in lista: burrazia anche nel pallone

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Questa è una storia di leoni coi tacchetti e di politici con memoria da elefante. Un ponte lungo trent’anni, tra calcio e burocrazia. Sta scritto negli annali del pallone quell’exploit calcistico che ai Mondiali del 1990 regalò notti magiche al Camerun dei miracoli, eliminato dall’Inghilterra nei quarti di finale dopo aver steso l’Argentina di Maradona nell’esordio in mondovisione con capocciata di François Omam-Biyik da altezza fuori norma. Il primo acuto dell’Africa sul proscenio internazionale.

Per premio, sull’onda dell’incontenibile gioia popolare in un paese letteralmente impazzito, il presidente della Repubblica Paul Biya, fresco tecnocrate di formazione parigina ma già con smanie da commissario tecnico di ultima istanza, stabilisce che gli Indomabili Leoni ricevano in premio una casa. Una ciascuno, ovviamente. Nkono, Tataw, Kundé, Ndip, Ebwellé, Massing, Mbouh, Kana-Biyik, Omam-Biyik, Mfede, Makanaky, Pagal e Milla – solo per citare gli acclamati eroi di piazza – invecchiano nell’attesa. Quasi tutti diventano momentaneamente ricchi, molti si concedono più del dovuto, alcuni – Mfede, Massing e Tataw – nel frattempo muoiono, ma tutti – superstiti o eredi – si ricordano di quella promessa non prescritta. Rimasta nel limbo, secondo la leggenda, perché la Federcalcio allora presieduta da Albert Etetoké spedisce a palazzo una lista di 44 giocatori anziché i soli 22 convocati al Mondiale. Vero? Falso? L’unica certezza è che la pratica si arena e poi finisce nel dimenticatoio di un calcio africano in vorticosa crescita e di una politica più corrotta della media.

Così, nella tonda ricorrenza dei trent’anni, quelle case al merito sbandierate e mai costruite tornano ad aleggiare come scandalo generazionale. Il Collectif des Anciens Lions Indomptables, l’Associazione degli ex nazionali diretta dal terzino Bert Ebwellé, scrive al presidente della Repubblica, il quale sdogana e autorizza il pagamento di quel premio. Se lo ricorda molto bene, preliminari inclusi. Primavera 1990: è il presidente in persona a telefonare a Roger Milla, 38enne vecchia gloria trasferitosi a svernare al Saint-Pierroise, nelle isole Réunion – oceano Indiano, per convincerlo a tornare alla guida dei Leoni. Ed è ancora lui, il presidente oggi accusato da Amnesty International di violazione dei diritti umani, ad avallare la cacciata in tribuna del portiere titolare Joseph Bell, d’intesa con il ministro dello Sport Joseph Fofé, dopo le critiche al sistema di preparazione del c.t. russo Valeri Nepomniacij durante il ritiro di Varese ai primi di giugno del 1990.

L’esplosione del Camerun matura in quei giorni, tra chiassosi dirigenti in abiti tradizionali e giocatori esuberanti quanto attaccati alla maglia. Ma l’assetto è vincente. Il secondo portiere Thomas Nkono diventa presto uno dei simboli della squadra, assieme a Omam-Biyik, a Makanaky e all’eterno Roger Milla. Milla parte sempre dalla panchina ma con le doppiette rifilate a Romania (nel girone) e alla Colombia (negli ottavi) spinge la squadra fino ai quarti di finale. Una simpatia planetaria accompagna la semifinale sfiorata. Trent’anni dopo i Leoni reclamano giustizia, e finalmente l’avranno, mattone su mattone.