Venerdì 19 Aprile 2024

Caduta del muro di Berlino, il sogno di un'Europa più grande

Trent’anni fa quel crollo che segnò la vera fine della seconda guerra mondiale. La ritrovata libertà aprì la prospettiva di allargamento dell’Unione verso Est

Un varco nel muro: il 9 novembre 1989, dopo 28 anni, Berlino tornò unita

Un varco nel muro: il 9 novembre 1989, dopo 28 anni, Berlino tornò unita

Berlino, 5 novembre 2019 - Trent’anni fa io c’ero a Berlino in quei giorni in cui finalmente si aprì il Muro (solo poi divenne abituale parlare di “caduta” del Muro). A Berlino ero stato più volte in precedenza, quando la Germania era divisa in due: vi ero arrivato anche in treno, con numerose soste e pagamenti di pedaggi obbligatori per l’attraversamento dei territori della Ddr, la Germania dell’Est. Anche da studente ero andato a Berlino Est (venendo da Berlino Ovest): un’impressione fortissima di rumori di ferraglie, di gabbie, di confini fisici molto definiti e controllati in stazioni ferro-metropolitane sotterranee.

Fino al 1989 Berlino Est era molto militarizzata, ma non completamente ricostruita nella sua parte di centro storico. La stessa storica sede dell’Ambasciata d’Italia non era agibile e la residenza dell’ambasciatore era una villetta nella periferia. In quei giorni di novembre dell’89 arrivai in aereo a Berlino dalla Polonia che, sotto l’alta protezione dell’allora Papa, il polacco Giovanni Paolo II, si era alleggerita prima del tradizionale opprimente dominio postbellico sovietico.

Le iniziative di Solidarnosc erano fatti storici che avevano ampliato gli spazi delle libertà sociali e civili, quando la Polonia, ricchissima di carbone, era divenuta poverissima, con tassi d’inflazione sudamericani. Lo Stato, fino a poco prima, aveva livellato tutto, impedito la libera concorrenza per realizzare un’economia pianificata. In Polonia, insomma, in quell’autunno di trent’anni fa, vi era già una democrazia allo stato nascente, quando, ai primi di novembre del 1989, quasi miracolosamente, si aprì il Muro di Berlino dopo 28 anni dalla sua costruzione.

Per la verità la “cortina di ferro”, che divideva in due l’Europa del lunghissimo dopoguerra, si era un po’ dischiusa già qualche settimana prima, quando l’Ungheria aveva aperto le sue frontiere con l’Austria. Nella Germania Est la Chiesa, in particolare quella luterana, era stata la culla del dissenso e delle rivendicazioni innanzitutto ambientaliste, anche perché nelle cerimonie religiose, dopo la predica del “pastore” luterano, potevano prendere la parola anche i fedeli. Il pastore protestante Eppelmann mi descrisse quella della Germania Est come «società della mancanza di libertà di espressione, di viaggio, civili ed economiche». In quei primissimi giorni di apertura del Muro, trovai a Berlino Est un grande disorientamento sulle prospettive.

Le conseguenze della seconda guerra mondiale erano finalmente finite, con grande entusiasmo e commozione degli abitanti delle due Berlino che tornavano ad abbracciarsi, ma il futuro era ancora incerto. Sullo sfondo rimaneva la preoccupazione dell’ennesima possibilità di una repressione con i soliti carri armati dall’Est. L’unica prospettiva concreta che iniziava a delinearsi era di incominciare a costruire la pace e, con essa, un’Europa libera più grande che comprendesse anche i paesi dell’Est. Un’utopia che, pur con tante difficoltà, ha fatto, in trent’anni, molti passi in avanti. Il 1989 avrebbe dovuto essere principalmente il bicentenario della Rivoluzione francese, ma è ricordato soprattutto per la “caduta” del Muro di Berlino e per la nuova fase di maggiori libertà che, inizialmente con grandi entusiasmi, da allora tutta l’Europa vive.