Guerra nucleare, paura della bomba? La mappa dei bunker antiatomici della guerra fredda

Sono disseminati da Nord a Sud dell’Italia, ma nessuno è operativo. Il più grande è ad Affi, nel Veronese: è stato chiuso nel 2004

Roma, 31 ottobre 2022 - In Italia non esiste nessun bunker antiatomico operativo, ovverosia un rifugio in grado di resistere a un'onda d’urto, termica e radiolologica di un ordigno nucleare ma anche proteggere dal fallout, assicurando il filtraggio dell’aria, dell’acqua e che abbia scorte di cibo e comunicazioni sicure. Ufficialmente (ma abbiamo qualche dubbio) neppure le Forze armate ne hanno di operativi.

Il West Star di Affi, finito di costruire nel 1966 e operativo fino al 2004
Il West Star di Affi, finito di costruire nel 1966 e operativo fino al 2004

Il più grande era il West Star di Affi (Verona) costruito tra il 1960 e il 1966. È stato operativo fino al 2004, è stato dismesso dalla Nato nel 2007 e fino al 2008 mantenuto operativo dall’Esercito italiano, che nel 2010 l’ha ceduto al comune di Affi che ora vuole farci un museo sulla Guerra Fredda. Con i suoi 13.000 metri quadrati di estensione è stato il bunker più grande d’Italia ed era in grado di ospitare in caso di guerra circa mille persone. Aveva anche quattro vasche, in grado di conservare 120.000 litri di riserva d’acqua. La base era anche dotata di protezioni elettromagnetiche per la sicurezza delle comunicazioni. Doveva offrire un sicuro rifugio al comando operativo Nord-Est, con sede a Verona. Il Comando si avvaleva anche del bunker di Monte San Michele situato a Cavaion Veronese e di quello di Grezzana (Verona) denominato in codice Nato, Back Yard, scavato nella roccia del monte Vicino: costruito tra il 1960 e il 1966, rimase in funzione fino al 2000. Un altro grande bunker antiatomico della Nato dismesso è quello della Base Proto, scavata nel Monte Massico tra Sessa Aurunca e Carinola, nel casertano, costruita tra il ’55 e il ’61 che in caso di guerra doveva ospitare il comando Nato di Bagnoli: fu dismessa nel 1996.

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Chiuso anche il grande bunker del Monte Soratte, a nord di Roma, la cui costruzione iniziò nel 1937 come bunker antiaereo e poi, dal 1961 fu ampliato e adattato come bunker antiatomico per i vertici politici e militari. Fu abbandonato nel 2008. Il quartier generale occupava 1.300 metri di gallerie ed era distribuito su tre piani per 35.000 metri cubi a una profondità compresa fra 250 e 315 metri di solida roccia: poteva ospitare 300 persone. Gli accessi vennero protetti con porte antiesplosione in cemento e acciaio balistico Armox di 4,2 tonnellate inserite in infissi di oltre 25 tonnellate. Le gallerie blindate vennero rinforzate con una camicia di cemento armato spessa 60 centimetri. La struttura fu dotata di un sistema di oltre 2.500 isolatori sismici in acciaio e neoprene che avrebbero garantito la dissipazione dell’energia di una esplosione nucleare di prossimità.

Oltre a questi esistono molti rifugi antiaerei, che possono essere utili come ripari anti fallout. I più grandi dei quali sono quelli di Campo Tizzoro (Pistoia) a servizio della Smi (nel dopoguerra un grande produttore di munizioni): potevano ospitare 8mila persone. A Napoli c’è il rifugio antiaereo di Sant’Anna di Palazzo che può ospitare 4mila persone. A Torino, sotto piazza Risorgimento c’è un bunker che può ospitare fino a 1.150 persone. A Roma il bunker di Villa Torlonia, quello sotto Palazzo Venezia e quello del Re Vittorio Emanuele III a Villa Ada, quello sotto palazzo degli Uffici all’Eur (che può ospitare 400 persone). A Milano, ancora visitabili, ci sono i bunker Breda, quello di Piazza Cesare Battisti e quello di via Gioia oltre al Rifugio 87 di via Bodio. In Alto Adige, in alta Val di Non c’è il bunker di Passo Palade. Ma sono antiaerei, non antiatomici, e la protezione sarebbe paragonabile a quella che si avrebbe in una delle tante miniere italiane, o nelle stazioni delle metropolitane delle grandi città. Certo, sempre (molto) meglio che nulla.