Domenica 20 Luglio 2025
Antonella Coppari
Esteri

Bruxelles, la linea è rinviare. Gaza e difesa, i leader prendono tempo

Divisi su Israele. Madrid: subito sanzioni. Debutta il Consiglio tra tavoli ristretti e veti sulle decisioni più importanti. Sulla guerra commerciale Trump apre ad un un rinvio dei dazi attesi a luglio

Bruxelles, la linea è rinviare. Gaza e difesa, i leader prendono tempo

Roma, 26 giugno 2025 –  C’è una guerra, anzi ce ne sono due: Ucraina e Gaza. C’è l’impennata delle spese militari, che per quanto riguarda l’Italia fa tremare le vene ai polsi della Corte dei Conti, tanto che il procuratore generale Pio Silvestri non esita a parlare di scelte molto difficili, per la situazione del nostro bilancio. C’è incombente la partita tra Usa e Ue sui dazi che i conti pubblici li farebbe proprio sballare secondo la Corte: fa toccare al governo (e all’Europa) il cielo con un dito l’ipotesi di una proroga di Trump della scadenza del 9 luglio per gli aumenti ventilata ieri dalla Casa Bianca. "La decisione spetta al presidente".

La premier Giorgia Meloni
La premier Giorgia Meloni

Il quadro è tale da relegare il capitolo immigrazione in secondo piano. Ma è il cavallo di battaglia che ha condotto Giorgia Meloni in Europa a innegabili successi. E dunque, prima che prenda le mosse il Consiglio, convoca l’apposito vertice ’ristretto’ (14 paesi) con l’aggiunta del cancelliere tedesco Merz e Ursula von der Leyen. Assai gradito alla premier il nuovo regolamento che la presidente della Commissione illustra, in base al quale sarà possibile rimpatriare i clandestini non solo nelle loro patrie o nei paesi d’origine ma anche in paesi terzi previo accordo.

Poi si arriva al vertice vero e proprio e qui a dominare sui dossier è una parola: rinvio. Si rinvia su Gaza, si rinvia sulla difesa, si rinvia sui dazi. C’è tempo. Anzi ce n’è poco, ma tant’è. A segnare il Consiglio è lo scontro su Israele. Lo spagnolo Sanchez e S&D insistono per passare dalle parole ai fatti ("cessate il fuoco e sblocco degli aiuti a Gaza") e sanzionare severamente Israele anche con la denuncia dell’accordo commerciale Ue-Israele. La maggioranza dei paesi (17 su 27 con un astenuto), sarebbe favorevole ma l’Italia si oppone, pure la Germania, l’ Austria, l’Ungheria e altri. L’unica soluzione è non decidere. Il comunicato finale sposta le lancette di un mese: se ne parlerà nel luglio 2025 "tenendo conto dell’evoluzione della situazione sul campo". Il presidente Antonio Costa, usando le sue prerogative, incarica comunque l’alta commissaria Kaja Kallas di predisporre la proposta di sanzioni che, se del caso, verrà avanzata in luglio.

L’altro grande tema è l’Ucraina. Come in precedenza, le conclusioni vengono approvate a 26, per il "no" dell’ungherese Orban all’avvio dei primi capitoli negoziali per l’adesione di Kiev alla Ue. I 26 sono pronti "ad aumentare le pressioni" su Mosca "anche con un pacchetto di sanzioni che preveda modalità per colpire ulteriormente le entrate energetiche della Russia". Il presidente Zelensky, in video collegamento, è netto: solo un price cap per il petrolio di 30 dollari a barile "può portare la pace".

Sulla difesa il comunicato finale affastella parole senza dire granchè. La realtà è che la definizione degli strumenti a disposizione degli Stati che si dovranno riarmare resta oggetto di trattative senza data di scadenza. Per l’Italia lo slittamento è parzialmente soddisfacente: vuol dire lasciare la porta aperta a ogni soluzione, inclusa quella degli investimenti privati garantiti da Bruxelles su cui punta Giorgetti, ma vuole dire anche non sciogliere il nodo delle clausole di sospensione del Patto di stabilità che sfavorisce gli stati, come il nostro, in procedura di infrazione per il deficit eccessivo. L’ha fatto notare Meloni: "Serve un’interpretazione diversa e più flessibile delle regole".

L’ultimo capitolo che i leader affrontano nella notte è quello dei dazi. Tratta la Commissione: piatto forte della cena, la controproposta arrivata dagli Usa che delinea un accordo ponte che von der Leyen ha descritto ai leader. Senza il sostegno dei governi, la Commissione non ha margini di autonomia. L’Italia capeggia il fronte delle colombe, che vorrebbero chiudere con tariffe al 10%. Per i duri come Macron sono esose. A Roma sono convinti che alla fine tutti si rassegneranno a quel 10% che fa male ma non troppo. Le trattative riguardano pure le merci da sottrarre al gioco dei dazi. Qualsiasi cosa dica il Consiglio, si tratta solo dell’ennesimo rinvio.