Brexit, 5 ministri di Boris Johnson pronti a dimettersi in caso di 'no deal'

Il premier, secondo il Times, dovrà fare i conti con una rivolta in seno al suo governoin caso di 'no deal' il 31 ottobre. Bruxelles disposta a offrire una nuova scadenza a giugno 2020, e anche "concessioni sul backstop irlandese". Oettinger: "Tra 2021 e 2027 senza i britannici ci sarà buco di 84 miliardi di euro"

Boris Johnson (Ansa)

Boris Johnson (Ansa)

Londra, 9 ottobre 2019 - Almeno cinque ministri del governo di Boris Johnson sono pronti a dimettersi in caso di una Brexit senza accordo. Un ulteriore problema per il premier britannico, scrive il Times, che continua a insistere per l'addio del Regno Unito dalla Ue il 31 ottobre prossimo, con o senza un accordo. Da Bruxelles, secondo il Guardian, ci sarebbe la disponibilità a offrire un'estensione dei colloqui sulla Brexit fino alla prossima estate. Per evitare il 'no deal', i leader europei hanno in programma "una serie di date", che saranno discusse la prossima settimana, tra queste la più probabile sarebbe quella della scadenza a giugno 2020.

Downing Street ha annnunciato che domani il ministro britannico della Brexit Steve Barclay si recherà a Bruxelles per nuovi colloqui con il capo negoziatore dell'Unione europea Michel Barnier. Ma intanto il commissario Ue Guenther Oettinger, al termine della riunione del collegio dei commissari, ha ribadito: "Abbiamo discusso con Barnier della proposta del governo britannico. Le nostre vedute coincidono che la proposta non è soddisfacente ai nostri occhi".

PARLAMENTO: SOSPESI I LAVORI - Da ieri sera il Parlamento britannico ha sospeso i suoi lavori fino al 14 ottobre in vista del tradizionale discorso di Elisabetta II di fine anno parlamentare, in cui la regina legge solennemente alle Camere riunite il programma del governo per i mesi successivi. Questa volta non ci sono state le proteste di 5 settimane fa, quando Boris Johnson aveva annunciato l'atto di sospensione (prorogation), scatenando dure reazioni politiche, iniziativa poi bocciata dalla Corte Suprema nei giorni scorsi. Ora, la durata di sei giorni rientra infatti nei tempi previsti dalla prassi istituzionale britannica per la circostanza, in attesa del Queen's Speech.

5 MINISTRI PRONTI A LASCIARE - Ma il vero problema per Johnson ora è la possibile rivolta in seno al suo governo, con 5 ministri pronti a lasciarlo in caso di 'no deal'. La "watch list" comprende il segretario alla Cultura Nicky Morgan, il ministro britannico per l'Irlanda del Nord Julian Smith, il ministro di Giustizia Robert Buckland, il ministro della Sanità Matt Hancock e il procuratore generale Geoffrey Cox. E non sarebbero i soli, infatti secondo il Times, anche "un gran numero" di parlamentari conservatori si dimetterà se sarà Brexit senza accordo. 

I colloqui sono ora in una fase di stallo, e lo scoglio maggiore è chiaro nelle parole di David Frost, il principale negoziatore del Regno Unito: "Se la posizione dell'Ue è che l'Irlanda del Nord deve essere nell'unione doganale, e questo sembra essere il caso, non è accettabile per noi. La nostra posizione è che dobbiamo uscire e questo è il motivo per cui siamo bloccati".

PREMIER EIRE - Pessimista Leo Varadkar, premier dell'Irlanda, secondo cui sarà "molto difficile" per Regno Unito ed Unione Europea raggiungere un accordo sulla Brexit prima della scadenza del 31 ottobre. Intervistato dall'emittente irlandese Rte, Varadkar ha parlato di "grossi divari" ancora esistenti tra le parti. Il primo ministro del'Eire, che ieri ha anche sentito telefonicamente Boris Johnson, ha assicurato il massimo impegno per raggiungere un accordo, ma ha anche ribadito: "non a qualunque costo" per il suo Paese.

SASSOLI - Ieri il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, dopo aver incontrato il premier britannico ha dichiarato: "Ci sono due alternative a un accordo in questo momento: estensione o nessun accordo. Il Parlamento è aperto alla possibilità di un'estensione, qualora vi siano validi motivi o obbiettivi precisi. Ma richiedere l'estensione è una responsabilità ed una prerogativa del Regno Unito, e certamente non è mio compito commentare le controversie politiche o le questioni legali che sono in discussione nel Regno Unito". Sassoli ha confermato la ferma posizione della Ue sull'ipotesi di 'no deal': "Per quanto riguarda l'ipotesi di mancato accordo siamo stati molto chiari sul fatto che si tratterebbe di un risultato fortemente negativo. Comporterebbe serie conseguenze economiche per entrambe le parti, ma in particolare per il Regno Unito; avrebbe ripercussioni molto sfavorevoli sull'isola di Irlanda; aumenterebbe lo stato d'incertezza per le imprese e, soprattutto, per i cittadini". E ha concluso: "Un mancato accordo sarebbe chiaramente responsabilità del governo britannico".

JUNCKER - Dure le parole di Jean-Claude Juncker, in un'intervista ai quotidiani francesi Les Echos e L'Opinion: "Una Brexit senza accordo provocherebbe un declino del Regno Unito e un netto indebolimento dei fondamentali della crescita sul continente". Il presidente della Commissione Ue punta il dito contro Londra: "Perdere uno Stato membro per ragioni di stretta politica interna, dovrei dire partigiane, resta una vera tragedia. Non accetto questo scaricabarile che consiste a addossare la responsabilità di un eventuale fallimento dei negoziati sull'Ue. Se sarà così, la spiegazione si trova nel campo britannico". 

MA QUANTO COSTERA' LA BREXIT ALLA UE? - Il commissario al Bilancio, Guenther Oettinger, in una conferenza stampa ha fatto due conti e il risultato è stato che nel bilancio pluriennale dell'Unione Europea per il periodo 2021-2027 ci sarà un buco da 84 miliardi di euro a causa della Brexit. "Il quadro finanziario pluriennale è stato preparato a 27 Stati membri. Se non ci saranno i britannici mancheranno 12 miliardi il primo anno e 14 miliardi l'ultimo anno. Su 7 anni mancheranno 84 miliardi di euro", ha spiegato Oettinger. "Abbiamo sempre detto che questo importo vogliamo compensarlo a metà con i tagli alla struttura del bilancio, per esempio sul fronte della Politica Agricola Comune e della Politica di Coesione, e per l'altra metà aumentando i contributi degli Stati membri", quindi tutti pagheremo la Brexit.

ULTIMA POSSIBILITA' - Con o senza accordo sulla Brexit, il Parlamento si riunirà il 19 ottobre al termine del consiglio Ue, ultima possibilità per il Regno Unito e l'Unione di raggiungere un accordo prima del 31 ottobre. Se verrà raggiunto un accordo, il premier britannico chiederà ai parlamentari di approvarlo. Se invece si andrà verso il 'no deal' potrebbero essere presentate una serie di opzioni. Secondo la Bbc tra le possibilità ci sarebbero l'abbandono dell'accordo e l'interruzione totale di Brexit, vista la determinazione di Johnson per la data del 31 ottobre e nonostante la legislazione approvata il mese scorso dai parlamentari, nota come Benn Act, che impone al premier Tory di scrivere all'Ue chiedendo un ulteriore ritardo se un accordo non viene firmato dal Parlamento entro il 19 ottobre. A meno che i parlamentari non accettino una Brexit senza alcun accordo. Nella storia LA Camera dei Comuni si è riunita solo quattro sabati dal 1939. L'ultima volta fu a causa dell'invasione delle Isole Falkland. 

UE: CONCESSIONI BACKSTOP - Il Times, inoltre, citando fonti europee, afferma che l'Unione europea sarebbe pronta a fare una concessione sul backstop irlandese, per facilitare l'accordo dell'ultima ora con Boris Johnson. L'offerta dell'Ue, l'ultimo tentativo per cercare l'intesa sulla Brexit prima del fine settimana, in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre. "L'offerta prevede che il backstop si applicherebbe solo all'Irlanda del Nord con la sua permanenza sia nel mercato unico per le merci sia nell'unione doganale con l'Ue", scrive il giornale londinese. Ma la proposta non è una novità, già a fine 2017 era stata rifiutata dal governo di Theresa May, infatti imporrebbe al Regno Unito di creare una frontiera interna, tra l'isola della Gran Bretagna e l'Irlanda del Nord. Ma Johnson vuole che l'Irlanda del Nord esca dall'unione doganale con l'Ue, con la creazione di fatto di due frontiere. Ora la Ue sarebbe disposta a fare concessioni sui meccanismi che regolano la durata del backstop. 

RISCHIO TENSIONI IN IRLANDA - Ma il problema rischia di provocare tensioni sopite solo da qualche anno tra gli irlandesi. Infatti la versione dell'accordo di ritiro, voluta da Johnson, prevede di concedere al parlamento e al governo nord-irlandesi la possibilità di decidere la permanenza nel backstop. E questo però, secondo le procedure istituzionali interne a Belfast, darebbe al Partito Democratico Unionista (DUP) il potere di rifiutare o mettere fine al backstop. La Ue nell'ultima proposta chiede la possibilità per l'Irlanda del Nord di uscire dal backstop, ma con il consenso di entrambe le comunità. Da qui potrebbero rinascere le tensioni tra unionisti del DUP, che vogliono restare nel Regno Unito, e i nazionalisti del Sinn Fein, che vogliono la riunificazione con l'Irlanda.