Brexit, Johnson ottiene dalla regina la sospensione del Parlamento

Mossa per impedire ai parlamentari, contrari al 'no deal', di evitare l'uscita dall'Europa il 31 ottobre senza accordo con l'Ue. Petizione contraria supera il milione di firme

Elisabetta II e Boris Johnson (Ansa)

Elisabetta II e Boris Johnson (Ansa)

Londra, 29 agosto 2019 - Il primo ministro britannico Boris Johnson ha formalmente chiesto la sospensione dei lavori parlamentari da metà settembre fino a lunedì 14 ottobre. Un provvedimento preso contro gli sforzi dei parlamentari britannici che puntano a evitare una Brexit senza intesa tra Londra e Ue.

Johnson chiede sospensione del Parlamento: sì della regina

Ieri Johnson, in una lettera di due pagine indirizzata ai parlamentari, ha negato che la sua decisione miri a indirizzare verso l'epilogo 'no-deal': "Ho parlato con Sua Maestà, la Regina, per richiedere la conclusione dell'attuale sessione parlamentare nella seconda settimana di settembre, prima di iniziare la seconda sessione di questo Parlamento con un discorso della regina lunedì 14 ottobre". L'iter prospettato, secondo il primo ministro, garantirebbe al Parlamento "tempo sufficiente prima e dopo il Consiglio europeo per ulteriori questioni relative alla Brexit" entro il termine del 31 ottobre. 

Elisabetta II ha formalmente approvato la richiesta del premier, lo rende noto la stampa britannica citando un comunicato della Corona. Secondo quanto autorizzato dalla sovrana la sospensione comincerà la seconda settimana di settembre, "non prima di lunedì 9 settembre e non più tardi di giovedì 12 settembre", e durerà fino al 14 ottobre. In quest'ultima data la monarca pronuncerà il discorso in cui fornirà i dettagli dell'agenda legislativa dell'amministrazione Johnson.

Parlamento sospeso: ira delle opposizioni

Subito le opposizioni sono insorte. Lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha definito un "oltraggio costituzionale". Verso sera si è superato il tetto di un milione di firme in calce alla petizione che chiede al governo del Regno Unito di non sospendere i lavori e mantenere pienamente operativo il Parlamento prima della scadenza della Brexit. Ora, il governo è tenuto per legge a rispondere a tutte le petizioni che ottengono più di 10.000 firme. Inoltre con 100.000 firme, la petizione sarà presa in considerazione per il dibattito in Parlamento. 

I conservatori minimizzano la mossa di Johnson, la sospensione dei lavori, che chiaramente punta a ridurre i margini che avrebbe Westminster per trovare strumenti con cui impedire la realizzazione, il 31 ottobre, di una Brexit senza accordo con l'Ue. Condanne da più parti: l'ex cancelliere dello scacchiere Philip Hammond ha parlato di mossa "profondamente antidemocratica". La deputata del partito nazionalista scozzese (Snp), Joanna Cheery, ha annunciato un'azione legale contro l'iniziativa del governo da presentare in un tribunale scozzese. Tom Brake, il portavoce dei Lib-Dem, non ha dubbi: "Johnson ha appena lanciato il guanto di sfida alla democrazia parlamentare. La madre di tutti i parlamenti non gli permetterà di escludere il parlamento dalla più importante decisione per il nostro Paese. La sua dichiarazione di guerra verrà accolta da un pugno di ferro". Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, non ha commentato, ma la collega di partito, Yvette Cooper, ha sostenuto che Boris "sta tentando di usare la Regina per concentrare il potere nelle sue mani. E' un modo molto pericoloso ed irresponsabile di governare". 

Anche un gruppo di 25 vescovi della Chiesa di Inghilterra ha scritto una lettera aperta in cui si esprime "particolare preoccupazione" per la prospettiva di una Brexit no-deal. L'altro ieri, a scendere il campo pur senza schierarsi esplicitamente era stato l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby, che aveva annunciato la propria partecipazione agli eventi sul no deal con l'obiettivo di "favorire il confronto tra i cittadini".

Una portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva, non ha voluto commentare l'annuncio di Boris Johnson, ma ha ribadito che il calendario resta quello previsto, "con l'uscita della Gran Bretagna il 31 ottobre". La portavoce ha confermato lo svolgimento oggi a Bruxelles di una riunione a livello tecnico tra funzionari britannici ed europei sulle modalità di uscita del Regno Unito. 

Trump esclude voto di sfiducia contro Johnson

"Sarà veramente molto difficile per Jeremy Corbyn, leader dei laburisti britannici, chiedere un voto di sfiducia contro il nuovo primo ministro Boris Johnson, specialmente alla luce del fatto che Boris è esattamente quello che il Regno Unito cerca e dimostrerà di essere 'un grande'. Amo il Regno Unito". Così il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump in una nuova manifestazione di stima nei confronti del premier britannico