Brasile al voto: Lula in pole. Ma Bolsonaro agita lo spettro del golpe

Il presidente in carica ha già dichiarato che non accetterà una sconfitta e ha chiesto all'esercito uno scrutinio parallelo. Gli endorsement vip

Brasilia, 1 ottobre 2022 - Porterà più voti Neymar a Bolsonaro dopo l’endorsement che l’attaccante del Psg e della Seleçao ha fatto su Tik Tok per i suoi 8,1 milioni di follower, o Gerardo Alckmin e Marina Silva a Lula nelle elezioni presidenziali brasiliane di domani, domenica 2 ottobre? La domanda può risultare retorica, ma in una situazione ancora fluida, nonostante i sondaggi, il presidente uscente Jair Bolsonaro, che incarna la destra liberista, evangelica e militare, spera di arrivare almeno al ballottaggio del 30 ottobre con l’appello dell’ultimo minuto contro la corruzione e per un “Brasile ai brasiliani” al quale si è aggiunto quello molto gradito del campione di futebol. Assieme al presidente, verranno eletti 54 membri del Senato su 81, i 513 deputati della Camera e i 27 governatori degli Stati che fanno parte della Repubblica Federale del Brasile. Secondo gli ultimi sondaggi, che in Brasile sono fatti fino all’apertura dei seggi, Luis Inacio Lula da Silva, che è già stato due volte presidente il primo di sinistra del gigante sudamericano, veleggia verso il 51 per cento che gli permetterebbe la vittoria al primo turno. Una crescita costante che prosegue da un anno, appena il rappresentante del Partito dei Lavoratori è stato prosciolto dalle accuse di corruzione che lo avevano portato per 18 mesi in carcere.

Nella melma è poi finito il suo accusatore, il giudice Sergio Moro, che Bolsonaro aveva accreditato come ministro della Giustizia e che dopo che il castello di accuse all’ex presidente si è sfaldato ha dovuto lasciare il dicastero sotto accusa di corruzione lui stesso. Bolsonaro non si schioda nei sondaggi dalla sua quota attorno al 34 per cento. Più lontani gli altri, con Ciro Gomes (Partito democratico laburista) pronto in caso di secondo turno ad appoggiare uno dei due secondo l’offerta migliore. Quattro anni fa conquistò il 12%, stavolta è accreditato del 7%. Lula ha dalla sua le classi più povere, quelle che nei suoi primi mandati beneficiarono del progetto “fome zero”, e nella campagna elettorale ha sostenuto l’accentramento statale pronto però ad aprire a un libero mercato “moderato”. Bolsonaro chiede un secondo mandato per avanzare con le liberalizzazioni e l’apertura ai privati e ha cercato all’ultimo di riaprire un dialogo sulla preservazione dell’ambiente, soprattutto dell’Amazzonia che durante questi ultimi quattro anni ha subito la maggiore deforestazione e l’assalto all’arma bianca dei concessionari per le miniere, il legname, i pascoli scatenando la ribellione internazionale e le denunce all’Onu, firmate fra gli altri da Leonardo DiCaprio e altre personalità internazionali. Bolsonaro aveva in Trump un grande alleato, adesso Biden afferma che gli Stati Uniti non entreranno nelle elezioni brasiliane, ma in cuor suo spera in un successo di Lula che ha promesso una ristabilizzazione dei rapporti con Mercosur (l’agenzia del commercio sudamericano), America e Unione Europea. Con lui si è schierato un ex grande nemico, Gerardo Alckmin, che ha deciso di non correre e garantire al petista i suoi voti cattolici in funzione antievangelica, e anche Marina Silva, ecologista, già sua ministra dell’Ambiente nel primo governo, ma poi molto critica col Partito dei Lavoratori tanto da scindere la sua posizione e partecipare da sola alle corsa per il Planalto del 2018 rappresentando i Verdi. Bolsonaro ha dalla sua i militari (lui stesso è un ufficiale della riserva). Non ha mai nascosto di aspettarsi in caso di sconfitta un aiuto da loro, una chiamata al golpe che ha messo molto in ambasce le cancellerie internazionali. Intanto, non riconoscerà il voto se sarà negativo e ha organizzato uno scrutinio parallelo che sarà effettuato dall’esercito, e del quale ha dichiarato terrà conto in modo ufficiale.

Nel testa a testa televisivo di venerdì sera, al quale hanno partecipato tutti e sette i “corridori”, ha accusato con veemenza Lula di avere sempre usato la corruzione per governare e che il Paese “non ha ulteriore bisogno di un governo di corrotti ma di un esecutivo che faccia crescere il prodotto interno lordo grazie ai privati”. Lula, dal canto suo, lo ha accusato di essere “cleptocrate”, di rubare il potere al popolo, ma al tempo stesso ha cercato di tranquillizzare le classi più abbienti affermando che il suo non sarà “un governo radicale di sinistra”. Entrambi hanno concluso oggi la campagna elettorale a San Paolo, la città più popolosa del Paese e la più “italiana”, e il Partito dei lavoratori ha addirittura già prenotato l’Avenida Paulista per domani sera, sicuro di celebrare il trionfo di Lula. I 157 milioni di elettori brasiliani voteranno dalle 7 alle 17 con le urne elettroniche tanto contestate da Bolsonaro che nonostante fosse al governo non è riuscito ad abolirle per la ferma opposizione del Supremo Tribunal Federal. Lo spoglio inizierà subito dopo, quando in Italia saranno le 22, vale a dire dopo le 17 ora di Brasilia, in un Paese enorme, il quinto al mondo per superficie il settimo per popolazione, dove ci sono quattro fusi orari. La Polizia è già schierata per evitare incidenti, ricordando come il 6 settembre 2018, in piena campagna elettorale, Bolsonaro venne accoltellato durante un comizio a Juiz de Fora, nello Stato di Minas Gerais. In questa campagna i morti sono stati almeno due, uno per parte politica. La speranza è che domani sera in caso di vittoria di Lula al primo turno non torni a scorrere il sangue.

Da sinistra: il presidente brasiliano Bolsonaro e il suo sfidante Lula
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