Giovedì 18 Aprile 2024

Bin Laden è morto, ma Al Qaeda no. Il fronte jihadista si è spostato in Africa

A dieci anni dall’uccisione di Osama esistono ancora le galassie del terrore. Dal Sahel al Mozambico gli ultimi raid degli islamisti

Attesa nella situation room della Casa Bianca nel 2011, quando fu ucciso bin Laden

Attesa nella situation room della Casa Bianca nel 2011, quando fu ucciso bin Laden

Roma, 3 aprile 2021 - Decapitata dieci anni fa, Al Qaeda è rinata in Africa, nel Sahel e, di recente, nel nord del Mozambico. Nella notte fra il primo e il due maggio del 2011 le teste di cuoio della Marina americana, i Navy Seals, uccisero Osama Bin Laden nel suo rifugio di Abbottabad, un grande complesso vicino alla più importante Accademia militare pachistana. Ucciso il capo, sembrava che la minaccia di Al Qaeda fosse destinata a finire. E invece, come un’Idra di Lerna, l’organizzazione è rinata con molti gruppi più o meno forti sparsi per il continente nero. Il 23 marzo la città di Palma, nel Mozambico settentrionale, è stata attaccata da centinaia di individui del gruppo al Shabaab, in arabo "I ragazzi", i cui capi giurarono fedeltà ad Al Qaeda nel 2012. Da allora, e in polemica con il gruppo salafita tradizionalista al-Ittihad al-Islami, gli Shabaab hanno perseguito il progetto della Grande Somalia. L’assalto nel Mozambico settentrionale ha indotto la Total francese a sospendere le ricerche di gas off shore in una zona dell’Oceano Indiano vicina a Palma, un progetto per il quale era previsto un investimento complessivo di venti miliardi, al quale era interessato anche l’Eni.

Attesa nella situation room della Casa Bianca nel 2011, quando fu ucciso bin Laden
Attesa nella situation room della Casa Bianca nel 2011, quando fu ucciso bin Laden

Il 13 febbraio gli Shabaab avevano provocato due morti a Mogadiscio. Un kamikaze si era fatto esplodere a un posto di blocco che controllava l’accesso al Parlamento e al palazzo presidenziale. Da giorni la capitale somala era teatro di proteste di piazza contro il presidente Mohammed Abdillahi Farmajo, il cui mandato è scaduto l’8 febbraio. Il 27 aprile tre giornalisti, un irlandese e gli spagnoli David Beriain e Roberto Fraile, sono stati assassinati in Burkina-Faso, nell’Africa Occidentale. Nel Paese è divampata la guerriglia del Gsim (Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani).

Dal 2015 i combattenti hanno trucidato 1200 persone e provocato un milione di sfollati. I combattenti qaedisti avevano messo a segno i primi attentati nell’area vicina al Mali, lo Stato nel quale dal 2014 è in corso l’operazione militare francese Barkhane, alla quale partecipano anche militari italiani inquadrati nel contingente di forze speciali Takuba. Il 17 febbraio il presidente Emmanuel Macron ha deciso di non ridurre i 5100 soldati che cercano di contrastare i jihadisti in Mali, in Niger e nel Burkhina-Faso.

In Nigeria da anni è attivo Boko Haram, letteralmente il "Libro è peccato", che di recente ha allargato il suo raggio di azione attaccando l’esercito del Ciad e uccidendo 12 soldati nella zona del lago omonimo. Nello stato nigeriano del Borno, Boko Haram ha insanguinato la vigilia di Natale uccidendo 11 persone e incendiando la chiesa di Pemi, un villaggio cristiano. Pemi non è lontano da Chibok, la città nella quale furono sequestrate, nel 2014, 276 studentesse del liceo. Di 112 non si sa ancora nulla.

In Yemen Nazir Wuhahishi, uno stretto collaboratore di Bin Laden, ha dato vita a Aqap, al-Qaeda nella Penisola Arabica, dal 2011 in lotta sanguinosa con i ribelli sciiti Houthi sostenuti dall’Iran. Il paese dal quale Osama Bin Laden lanciò l’attacco alle Torri Gemelle, l’Afghanistan, ora è dilaniato dalla lotta sanguinosa fra i Talebani e il sedicente Califfato Islamico. Gli americani hanno dato il via al ritiro del contingente della Nato. Il giornale di Hong Kong "South China Morning Post" cita esperti convinti del fatto che "se la situazione della sicurezza dell’Afghanistan rappresentasse una minaccia significativa, la Cina potrebbe inviare sue truppe di mantenimento della pace".